Un anno fa, mi ero ripromesso di mettermi a guardare le Ombre rosse
di Citto Maselli solo dopo aver visto Lettera aperta ad un giornale
della sera (1970). Ebbene sí, non mi ero mai avvicinato alla filmografia
dello storico compagno della grande Goliarda Sapienza
e ci tenevo che la mia prima volta con lui fosse con quella che è
universalmente riconosciuta come la sua opera più apprezzata.
Ok, la storia di un gruppo di ricchi intellettuali di sinistra che fa sempre le cinque di mattina in un salotto bene per stabilire chi tra loro è più comunista ha dei risvolti critici molto profondi contro intellighenzia dell'epoca, ma vi giuro che nonostante i buoni propositi in tutto questo tempo è stato impossibile per me andare oltre il minuto 22.
Oltretutto dopo le dichiarazioni di D'alema su Cossiga dell'altro ieri, ho realizzato che c'è già troppo da disinfettarsi le orecchie per le sbandate degli attuali vertici del Pd, Serracchiani compresa per andare a rievocare contraddizioni e dialettiche tra le correnti degli anni '70 di un movimento che poi i vari Bersani, Fassino e Veltroni hanno totalmente devastato e sepolto.
Ombre rosse è stato pesantemente criticato ed ha delle piccole ingenuità (nonostante l'esperienza decennale di Maselli), ma ha il merito di denunciare in modo calligafrico tutta l'ipocrisia, l'arroganza e la corruzione di un partito di morti viventi come anche la pochezza dell'armata brancaleone di tutti gli pseudo intellettuali che se ne fanno paladini o portavoce.
Il film può interessare ancora di più chi vive a Roma, perchè pare romanzare la storia recente dell'Angelo Mai, un centro sociale della capitale storico e glorioso, ma con un'altissima concentrazione di figli di papà.
Già da come lo rappresenta, con spazi immensi e multifunzionali e una sorta di uniforme lesbo tank-girl per tutte le militanti femminili Maselli sembra il primo ad non averci mai messo piede, ma pare conoscere a memoria come la passione e la vitalità degli occupanti sia strumentalizzata costantemente dai pescecani della cultura di sinistra.
Nella trama del film, un celebre semi-filosofo prossimo al nobel e alla pensione si appassiona alle vicende dell'attivissimo squat autonominandosi a sottoscrittore di una fantomatica cordata di mostri (compresa la più o meno voluta caricatura dell'architetto Fuksas con Fantastichini) per trasformare il tutto in una sorta di casa della cultura secondo le tipiche indicazioni del mefistofelico Malraux.
Non vi diremo come va a finire, ma è chiaro che il collaudatissimo gioco di scambi di favori e segnalazioni di salotto porterà solo a definire l'ennesimo modello di fruizione culturale imposto dall'alto e del tutto avulso dalla correnti che vivono la quotidianità e le problematiche del territorio. Veltroni e Bettini, grazie per aver lasciato la città ad Alemanno.
Le litigate di gruppo mi han fatto prepotentemente pensare ad alcune scene di alta recitazione dei ragazzi del muretto, forse gli attori erano in fissa col telefilm di raidue come me, ma alla lunga specie nelle scene delle assemblee Maselli sembra più attento al messaggio finale che non alla direzione organica degli interpreti.
Sarebbe potuto essere un'opera molto più completa e soprattutto con un maggiore successo di pubblico.
Temiamo però che attualmente persino le storie di Mitzi e Cecilia Dazzi, siano troppo cerebrali e politiche per i gusti della nostra epoca.
Ok, la storia di un gruppo di ricchi intellettuali di sinistra che fa sempre le cinque di mattina in un salotto bene per stabilire chi tra loro è più comunista ha dei risvolti critici molto profondi contro intellighenzia dell'epoca, ma vi giuro che nonostante i buoni propositi in tutto questo tempo è stato impossibile per me andare oltre il minuto 22.
Oltretutto dopo le dichiarazioni di D'alema su Cossiga dell'altro ieri, ho realizzato che c'è già troppo da disinfettarsi le orecchie per le sbandate degli attuali vertici del Pd, Serracchiani compresa per andare a rievocare contraddizioni e dialettiche tra le correnti degli anni '70 di un movimento che poi i vari Bersani, Fassino e Veltroni hanno totalmente devastato e sepolto.
Ombre rosse è stato pesantemente criticato ed ha delle piccole ingenuità (nonostante l'esperienza decennale di Maselli), ma ha il merito di denunciare in modo calligafrico tutta l'ipocrisia, l'arroganza e la corruzione di un partito di morti viventi come anche la pochezza dell'armata brancaleone di tutti gli pseudo intellettuali che se ne fanno paladini o portavoce.
Il film può interessare ancora di più chi vive a Roma, perchè pare romanzare la storia recente dell'Angelo Mai, un centro sociale della capitale storico e glorioso, ma con un'altissima concentrazione di figli di papà.
Già da come lo rappresenta, con spazi immensi e multifunzionali e una sorta di uniforme lesbo tank-girl per tutte le militanti femminili Maselli sembra il primo ad non averci mai messo piede, ma pare conoscere a memoria come la passione e la vitalità degli occupanti sia strumentalizzata costantemente dai pescecani della cultura di sinistra.
Nella trama del film, un celebre semi-filosofo prossimo al nobel e alla pensione si appassiona alle vicende dell'attivissimo squat autonominandosi a sottoscrittore di una fantomatica cordata di mostri (compresa la più o meno voluta caricatura dell'architetto Fuksas con Fantastichini) per trasformare il tutto in una sorta di casa della cultura secondo le tipiche indicazioni del mefistofelico Malraux.
Non vi diremo come va a finire, ma è chiaro che il collaudatissimo gioco di scambi di favori e segnalazioni di salotto porterà solo a definire l'ennesimo modello di fruizione culturale imposto dall'alto e del tutto avulso dalla correnti che vivono la quotidianità e le problematiche del territorio. Veltroni e Bettini, grazie per aver lasciato la città ad Alemanno.
Le litigate di gruppo mi han fatto prepotentemente pensare ad alcune scene di alta recitazione dei ragazzi del muretto, forse gli attori erano in fissa col telefilm di raidue come me, ma alla lunga specie nelle scene delle assemblee Maselli sembra più attento al messaggio finale che non alla direzione organica degli interpreti.
Sarebbe potuto essere un'opera molto più completa e soprattutto con un maggiore successo di pubblico.
Temiamo però che attualmente persino le storie di Mitzi e Cecilia Dazzi, siano troppo cerebrali e politiche per i gusti della nostra epoca.
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pall youhideme writes:
Ma infatti pių che su un centro sociale pare Cent(r)o Vetrine.. mah..
(20/08/2010 14:56:00 - ip: 89.97....)
Ma infatti pių che su un centro sociale pare Cent(r)o Vetrine.. mah..
(20/08/2010 14:56:00 - ip: 89.97....)
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