La Roma hypnagogica si è data appuntamento all'Init, in questo primo assaggio d'inverno, per assistere al live di uno dei più importanti esponenti di questa corrente musicale, Toro y Moi, colpevole di aver riesumato le atmosfere degli anni '80, seppure con una certa intelligenza.
Come fanno anche altri d'altronde, e citiamo a proposito Neon Indian, di cui abbiamo già parlato su Komakino, Washed Out e Memory Tapes.
Prima del live di Toro Y Moi ad esibirsi sono stati gli italiani Casa del mirto, che scopriamo essere di Trento e con all'attivo già una manciata di album e più recentemente l'ep Acafulcro, tutto scaricabile in free download dal loro myspace.
Il loro set ci catapulta davvero a quando eravamo più piccoli e le nostre orecchie erano pervase dai suoni di plastica dei sintetizzatori utilizzati nella maggior parte delle produzioni di allora.
Dal vivo riescono bene a ricreare quel suono che aveva nei nostri Garbo o Gazebo i loro principali alfieri, solo per citarne alcuni.
Forse abbiamo sempre pensato che quelle musiche fossero di serie B ma sembra sia arrivato il tempo di riciclare anche questo... Drum machine, voce riverberatissima che riempie gli spazi sonori con un tappeto sonoro che non lascia scampo, una chitarra in eterno assolo ed un davvero bravissimo bassista che con il suo bel tocco umanizza i battiti sintetici della batteria elettronica. Davvero una bella prova e ci chiediamo come mai il mondo non si sia accorto di loro, grazie anche alla loro vasta produzione, sostenuta dalla label Mashhh!
Viene poi il momento del concerto di Toro y Moi, atteso da più di qualcuno, visto che il locale è abbastanza pieno a dimostrazione di come la chill wave abbia parecchi estimatori.
Sul palco sono in tre: il giovanissimo Chazwick Bundick, titolare del progetto, e due altri musicisti, uno al basso e l'altro alla batteria.
Il live si snoda tra i pezzi più belli dell'album Causers of This (Carpark, 2010) come You hid, Talamak o Minors, mentre il nuovo prende la forma di alcune derive funk, seppure di gusto eighties.
Ci aspettavamo invece che il 24enne musicista di Columbia, South Carolina, avrebbe virato verso la riproposta di vecchie sonorità americane anni '50, come annunciato dal singolo Leave Everywhere uscito a luglio del 2010, ma cosí non è stato. Anche in questo live c'è stato un massiccio utilizzo di basi e campionamenti, bilanciati dalla sezione ritmica che però ha reso il suono meno sintetico.
Un bel concerto comunque, anche se il suono del progetto era effettivamente difficile da ricreare dal vivo e forse, come diceva un'amica, si è persa un po' di quell'aura sognante che serpeggiava tra le tracce assolate dell'album.
Come fanno anche altri d'altronde, e citiamo a proposito Neon Indian, di cui abbiamo già parlato su Komakino, Washed Out e Memory Tapes.
Prima del live di Toro Y Moi ad esibirsi sono stati gli italiani Casa del mirto, che scopriamo essere di Trento e con all'attivo già una manciata di album e più recentemente l'ep Acafulcro, tutto scaricabile in free download dal loro myspace.
Il loro set ci catapulta davvero a quando eravamo più piccoli e le nostre orecchie erano pervase dai suoni di plastica dei sintetizzatori utilizzati nella maggior parte delle produzioni di allora.
Dal vivo riescono bene a ricreare quel suono che aveva nei nostri Garbo o Gazebo i loro principali alfieri, solo per citarne alcuni.
Forse abbiamo sempre pensato che quelle musiche fossero di serie B ma sembra sia arrivato il tempo di riciclare anche questo... Drum machine, voce riverberatissima che riempie gli spazi sonori con un tappeto sonoro che non lascia scampo, una chitarra in eterno assolo ed un davvero bravissimo bassista che con il suo bel tocco umanizza i battiti sintetici della batteria elettronica. Davvero una bella prova e ci chiediamo come mai il mondo non si sia accorto di loro, grazie anche alla loro vasta produzione, sostenuta dalla label Mashhh!
Viene poi il momento del concerto di Toro y Moi, atteso da più di qualcuno, visto che il locale è abbastanza pieno a dimostrazione di come la chill wave abbia parecchi estimatori.
Sul palco sono in tre: il giovanissimo Chazwick Bundick, titolare del progetto, e due altri musicisti, uno al basso e l'altro alla batteria.
Il live si snoda tra i pezzi più belli dell'album Causers of This (Carpark, 2010) come You hid, Talamak o Minors, mentre il nuovo prende la forma di alcune derive funk, seppure di gusto eighties.
Ci aspettavamo invece che il 24enne musicista di Columbia, South Carolina, avrebbe virato verso la riproposta di vecchie sonorità americane anni '50, come annunciato dal singolo Leave Everywhere uscito a luglio del 2010, ma cosí non è stato. Anche in questo live c'è stato un massiccio utilizzo di basi e campionamenti, bilanciati dalla sezione ritmica che però ha reso il suono meno sintetico.
Un bel concerto comunque, anche se il suono del progetto era effettivamente difficile da ricreare dal vivo e forse, come diceva un'amica, si è persa un po' di quell'aura sognante che serpeggiava tra le tracce assolate dell'album.
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not yet, probably nobody cares, or nobody cared enough to tell something. Also: nobody reads komakino.
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