Dopo the Pains of Being Pure at Heart un'altra serata patrocinata dalla cricca Fish'n'Chips in un mercoledí “Circoliano” orfano di rendez-vouz euro calcistici degni di nota.
Primo atto riservato a Frankie Rose & the Outs (all'attivo due dischi su Slumberland e Sacred Bones), quartetto newyorkese completamente al femminile dedito a sonorità pop-psycho-garage... per intendersi una sorta di gentlemen's agreement tra Vivian Girls e Crystal Stilts.
Sul palco le ragazze sono euforiche e, a parte il piglio da animatrice da villaggio vacanze della logorroica mademoiselle Frankie Rose che per tutta la durata del live set cerca di esortare gli astanti ad un maggiore entusiasmo (addirittura ipotizzando ad un certo punto un diffuso abuso di Xanax tra gli stessi...), la resa è veramente piacevole.
Sound non proprio originalissimo ma molto belli gli incastri di voci delle donzelle.
Con Wavves alla ribalta, invece, la storia cambia. Nathan Williams, reduce dalla non proprio esaltante, ma fortunatamente breve, permanenza in una galera tedesca dopo essere stato beccato con mezza rotoballa di erba in valigia ad un posto di blocco autostradale, si presenta al Circolo in formazione power trio.
Sin dall'abbrivio riesce ad ottenere con quattro accordi quello che la buona Frankie Rose non è riuscita ad ottenere a parole: praticamente il pandemonio. Una buona fetta del pubblico in preda a deliri post-adolescenziali comincia a pogare da matti e qualcuno riesce persino ad esibirdi nella “nobile” arte dello stage diving.
King of the Beach, terzo capitolo di Wavves su Fat Possum, è chiaramente il filo conduttore della performance e viene ripresentato quasi integralmente. Nathan ci sa fare, non ci sono dubbi: una palese ossessione per il beach-sound ed il garage ed un'attitudine pop-punk 2.0 allo stato puro, melodie assassine e gran faccia da culo.
Ad accompagnarlo sul palco un bassista (con tanto di zazzera bionda simil-mohicana) ed un batterista che non avrebbero sfigurato in una qualsiasi scena di Animal House.
Che Wavves debba più di qualcosa alla buonanima di Kurt Cobain non ci sono dubbi... ma addirittura accompagnare la sua uscita dal palco con On a Plane mi è sembrato di una banalità disarmante. Almeno avessero scelto la versione originale al posto di quella unplugged...
Note: Watch out, the audio quality is somewhat crappy ;-)
Primo atto riservato a Frankie Rose & the Outs (all'attivo due dischi su Slumberland e Sacred Bones), quartetto newyorkese completamente al femminile dedito a sonorità pop-psycho-garage... per intendersi una sorta di gentlemen's agreement tra Vivian Girls e Crystal Stilts.
Sul palco le ragazze sono euforiche e, a parte il piglio da animatrice da villaggio vacanze della logorroica mademoiselle Frankie Rose che per tutta la durata del live set cerca di esortare gli astanti ad un maggiore entusiasmo (addirittura ipotizzando ad un certo punto un diffuso abuso di Xanax tra gli stessi...), la resa è veramente piacevole.
Sound non proprio originalissimo ma molto belli gli incastri di voci delle donzelle.
Con Wavves alla ribalta, invece, la storia cambia. Nathan Williams, reduce dalla non proprio esaltante, ma fortunatamente breve, permanenza in una galera tedesca dopo essere stato beccato con mezza rotoballa di erba in valigia ad un posto di blocco autostradale, si presenta al Circolo in formazione power trio.
Sin dall'abbrivio riesce ad ottenere con quattro accordi quello che la buona Frankie Rose non è riuscita ad ottenere a parole: praticamente il pandemonio. Una buona fetta del pubblico in preda a deliri post-adolescenziali comincia a pogare da matti e qualcuno riesce persino ad esibirdi nella “nobile” arte dello stage diving.
King of the Beach, terzo capitolo di Wavves su Fat Possum, è chiaramente il filo conduttore della performance e viene ripresentato quasi integralmente. Nathan ci sa fare, non ci sono dubbi: una palese ossessione per il beach-sound ed il garage ed un'attitudine pop-punk 2.0 allo stato puro, melodie assassine e gran faccia da culo.
Ad accompagnarlo sul palco un bassista (con tanto di zazzera bionda simil-mohicana) ed un batterista che non avrebbero sfigurato in una qualsiasi scena di Animal House.
Che Wavves debba più di qualcosa alla buonanima di Kurt Cobain non ci sono dubbi... ma addirittura accompagnare la sua uscita dal palco con On a Plane mi è sembrato di una banalità disarmante. Almeno avessero scelto la versione originale al posto di quella unplugged...
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