Arriviamo al Circolo di Roma verso le 21,30, e ci siamo pure scapicollati
per arrivare in tempo, per poi scoprire che invece i concerti inizieranno solo
un'ora più tardi e con la scaletta che prevede prima l'esibizione dei Calibro
35 e poi la performance di Banjo or Freakout, il vero motivo che ci
aveva spinto ad uscire di casa e che è ora previsto per la mezzanotte...
E per una volta ci sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando a Roma la consuetudine era che i concerti iniziassero molto, ma molto tardi. Diciamo subito che ci siamo volutamente persi l'esibizione dei Calibro 35, che tra l'altro avevamo già visto sempre al Circolo, e che ci erano sembrati piacevoli e soprattutto professionali nella loro proposta di riattualizzare i suoni italici di qualche decennio fa: per lo più colonne sonore di film polizieschi, di serie B naturalmente.
Entriamo per assistere solo ai due pezzi finali eseguiti dalla band, e che sembrano divagazioni prog con-chitarra-in-perenne-fuzz, ma stavolta non ci convincono molto. Il club è comunque stracolmo, e la vera tristezza è che il pubblico è venuto a vedere proprio loro e non Banjo, come avevamo pensato in un primo momento. L'indie, in questo caso, non è stato capace di smuovere le masse.
Dopo i Calibro 35 la folla esce dalla sala, arriva mezzanotte ed inizia il concerto di Banjo or Freakout, ovvero l'italiano Alessio Natalizia, che in questo tour è accompagnato da due musicisti, un bassista/chitarrista ed un batterista. Alessio sulle prime ci sembra timido, si stringe sulle sue spalle, ma dopo i primi pezzi si è già sciolto, complice anche il calore che gli dimostrano gli astanti. Ci sembra che lui abbia colto, anche nel modo di cantare, l'essenza del pop come si faceva in Inghilterra, e infatti ha un modo di fare musica che rimanda agli anni '90, quando giravano gruppi come i Charlatans, gli Stone Roses o i Primal Scream. Questi ultimi riecheggiano soprattutto in una canzone, Dear Me, che ci ricorda anche gli Underworld.
Sul palco i tre riescono a dar corpo ad un bel suono, coadiuvati anche da un sampler che viene utilizzato sapientemente per creare dei tappeti sonori a sorreggere il tutto. Quello che ascoltiamo alla fine è un misto tra dream pop, psichedelia e tentazioni rumoriste.
In definitiva proprio un bel concerto, con picchi come il singolo 105, o ancora Black Scratches, mentre da veri brividi è stata Idiot Rain.
Un vero peccato che la gente se ne sia andata presto e che non siano rimasti in molti ad ascoltarlo.
Abbiamo però saputo che i vinili in vendita al banchetto del merchandising sono andati esauriti. Almeno quello!
Nota: foto, cortesia di @lfie.
E per una volta ci sembra di essere tornati indietro nel tempo, quando a Roma la consuetudine era che i concerti iniziassero molto, ma molto tardi. Diciamo subito che ci siamo volutamente persi l'esibizione dei Calibro 35, che tra l'altro avevamo già visto sempre al Circolo, e che ci erano sembrati piacevoli e soprattutto professionali nella loro proposta di riattualizzare i suoni italici di qualche decennio fa: per lo più colonne sonore di film polizieschi, di serie B naturalmente.
Entriamo per assistere solo ai due pezzi finali eseguiti dalla band, e che sembrano divagazioni prog con-chitarra-in-perenne-fuzz, ma stavolta non ci convincono molto. Il club è comunque stracolmo, e la vera tristezza è che il pubblico è venuto a vedere proprio loro e non Banjo, come avevamo pensato in un primo momento. L'indie, in questo caso, non è stato capace di smuovere le masse.
Dopo i Calibro 35 la folla esce dalla sala, arriva mezzanotte ed inizia il concerto di Banjo or Freakout, ovvero l'italiano Alessio Natalizia, che in questo tour è accompagnato da due musicisti, un bassista/chitarrista ed un batterista. Alessio sulle prime ci sembra timido, si stringe sulle sue spalle, ma dopo i primi pezzi si è già sciolto, complice anche il calore che gli dimostrano gli astanti. Ci sembra che lui abbia colto, anche nel modo di cantare, l'essenza del pop come si faceva in Inghilterra, e infatti ha un modo di fare musica che rimanda agli anni '90, quando giravano gruppi come i Charlatans, gli Stone Roses o i Primal Scream. Questi ultimi riecheggiano soprattutto in una canzone, Dear Me, che ci ricorda anche gli Underworld.
Sul palco i tre riescono a dar corpo ad un bel suono, coadiuvati anche da un sampler che viene utilizzato sapientemente per creare dei tappeti sonori a sorreggere il tutto. Quello che ascoltiamo alla fine è un misto tra dream pop, psichedelia e tentazioni rumoriste.
In definitiva proprio un bel concerto, con picchi come il singolo 105, o ancora Black Scratches, mentre da veri brividi è stata Idiot Rain.
Un vero peccato che la gente se ne sia andata presto e che non siano rimasti in molti ad ascoltarlo.
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