Junior Boys
Live 01/12/2011, Roma, Lanificio 159
w/ Diamond Rings, ingresso 10 euro + 1,50 euro d.p.
| nicola basile
E' da tempo che aspettavo di vedere i Junior Boys in concerto, essendo stato letteralmente folgorato dal loro disco d'esordio (Last Exit),
che risale ormai al 2004.
Tessiture delicate di synth pop che si mescolavano ad un drumming a volte leggero, altre volte invece più presente. Un vero capolavoro di levità, comunque.
Erano già venuti a suonare a Roma nel 2007, a presentare il loro secondo disco So this is goodbye, ma purtroppo li avevo mancati.
L'occasione di vederli suonare live è arrivata una sera di dicembre ed in una location molto bella di Roma, il Lanificio, che in realtà è più un club che un venue per concerti.
Ad aprire la serata è stato il giovane John O'Ring, in arte Diamond Rings, con un queer project che guarda molto ai soliti anni '80 ma anche al punk e infatti il ragazzo ha suonato in passato in una formazione post-punk, The D'Urbervilles.
Un personaggio sicuramente eccentrico: biondo, truccato e molto glam, che comunque riesce ad adescare con le sue melodie semplici ma a volte efficaci.
Considerando che poi fa tutto a solo ed è alquanto giovane, possiamo dire che il suo concerto è stato più che piacevole.
Ma la vera attesa è per i Junior Boys il duo canadese ormai giunto al quarto disco.
Dal vivo si presentano in tre, con un batterista che serve ad umanizzare un suono che forse sarebbe troppo debitore delle machine digitali.
Devo dire che nel tempo hanno perduto la freschezza degli esordi, ma nei dischi successivi al primo c'è ancora qualche bel pezzo che abbiamo avuto modo di sentire anche durante questo concerto: In the morning, Work, Double Shadow, oltre che naturalmente ai pezzi estratti dall'ultimo lavoro It's all true (Itchy Fingers, A truly happy ending), in alcuni dei quali sono presenti elementi disco, r'n'b, o per riportare il discorso ai giorni nostri, certa chill wave à la Toro y moi, che fa tanto hype!
La scaletta arriva a ripescare pezzi finanche dal primo disco (Bellona e la toccante Teach me how to fight, uno dei pezzi migliori dell'intero set), mentre alla fine Jeremy Greenspan si lancia in una performance vocale che ricorda la house music, in un falsetto quasi di donna a ripetere ossessivamente la stessa frase.
Un suono dalle tinte diverse quello dei canadesi, che sa essere leggero ma anche molto potente durante i live: e la loro energia sa come arrivare al folto pubblico presente in sala.
PS. Foto panoramiche by Alfie, le altre by N.B.
Tessiture delicate di synth pop che si mescolavano ad un drumming a volte leggero, altre volte invece più presente. Un vero capolavoro di levità, comunque.
Erano già venuti a suonare a Roma nel 2007, a presentare il loro secondo disco So this is goodbye, ma purtroppo li avevo mancati.
L'occasione di vederli suonare live è arrivata una sera di dicembre ed in una location molto bella di Roma, il Lanificio, che in realtà è più un club che un venue per concerti.
Ad aprire la serata è stato il giovane John O'Ring, in arte Diamond Rings, con un queer project che guarda molto ai soliti anni '80 ma anche al punk e infatti il ragazzo ha suonato in passato in una formazione post-punk, The D'Urbervilles.
Un personaggio sicuramente eccentrico: biondo, truccato e molto glam, che comunque riesce ad adescare con le sue melodie semplici ma a volte efficaci.
Considerando che poi fa tutto a solo ed è alquanto giovane, possiamo dire che il suo concerto è stato più che piacevole.
Ma la vera attesa è per i Junior Boys il duo canadese ormai giunto al quarto disco.
Dal vivo si presentano in tre, con un batterista che serve ad umanizzare un suono che forse sarebbe troppo debitore delle machine digitali.
Devo dire che nel tempo hanno perduto la freschezza degli esordi, ma nei dischi successivi al primo c'è ancora qualche bel pezzo che abbiamo avuto modo di sentire anche durante questo concerto: In the morning, Work, Double Shadow, oltre che naturalmente ai pezzi estratti dall'ultimo lavoro It's all true (Itchy Fingers, A truly happy ending), in alcuni dei quali sono presenti elementi disco, r'n'b, o per riportare il discorso ai giorni nostri, certa chill wave à la Toro y moi, che fa tanto hype!
La scaletta arriva a ripescare pezzi finanche dal primo disco (Bellona e la toccante Teach me how to fight, uno dei pezzi migliori dell'intero set), mentre alla fine Jeremy Greenspan si lancia in una performance vocale che ricorda la house music, in un falsetto quasi di donna a ripetere ossessivamente la stessa frase.
Un suono dalle tinte diverse quello dei canadesi, che sa essere leggero ma anche molto potente durante i live: e la loro energia sa come arrivare al folto pubblico presente in sala.
PS. Foto panoramiche by Alfie, le altre by N.B.
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