Zola Jesus
Live Roma, 08/12/2011 @ Circolo degli artisti, ingr. 10 euro
w/ Bachelorette
| mike thumb
Bachelorette è il progetto dream pop della neozelandese Annabel
Alpers, definito: “a one-woman band involved in psychedelic computer
folk music”. Ed in effetti, appena varchiamo la soglia della sala
concerti del Circolo degli Artisti, la troviamo occupata ad
addomesticare due laptop, campionare tastiera , chitarra e voce con
personalità davvero notevole.
Un preciso lavoro di stratificazioni ed incastri , nuance synth-pop, sferzate Kraut a radiografare impalcature 8-bit. La Alpers praticamente non sta ferma un attimo nel costruire - nel vero senso della parola - ogni singolo layer di ogni benedetta canzone: c'è una sorta di fascinazione ipnotica nel seguire i suoi gesti e si ha la sensazione che il cliché della dialettica uomo-laptop sia finalmente passato ad un livello superiore. Al contrario di Bachelorette, Nika Roza Danilova, aka Zola Jesus, si accompagna ad una line up in puro stile goth: tre synth a sgranare bassi e levigare pad metallici ed eterei ed un batterista in martellante stato di grazia.
La cosa più evidente è però che quella Zola Jesus che ieri sera era sul palco è una lontana parente di quella che ricordavamo: praticamente una figura ectoplasmica.
Una capigliatura biondo platino in luogo di quella corvina, un'attitudine da vera e propria mattatrice e non più solamente figura statica ed esoterica.
L'intero live set è consacrato all'esecuzione del suo terzo ed ultimo lavoro full length Conatus, che nel titolo racchiude forse proprio il senso di liberazione violenta da un'identità che oggi non le appartiene più. Il prezzo da pagare per questa eccessiva pulizia nella produzione è la scomparsa dell'urgenza che caratterizzava i precedenti dischi e che ora la vede orchestrare canzoni al limite della dance, rischiando talvolta di calcare la mano in maniera imbarazzante. Nulla o poco rimane della sua passione per la bassa fedeltà, il rumore, le atmosfere dreamy e decadenti.
Rimane la sua voce - una gran voce - oggi come mai in primissimo piano.
Dall'inizio alla fine del suo set la vediamo dimenarsi e correre da un lato ad un altro del palco come braccata da Erinni eppure quello che ci chiediamo è se sia l'inizio di qualcosa di completamente nuovo, di un fuoco sacro diverso e travolgente, o la fine di qualcosa che ha lasciato un segno nei nostri ascolti. Se è proprio quello che ci aspettavamo. La certezza sta nella sensazione che si voglia alzare il tiro e che già i media comincino a dipingerla come la versione alternativa di Lady Gaga, nemesi oscura e minimale dell'eroina della pop music. E alla sola idea la pelle inesorabilmente si accappona.
Un preciso lavoro di stratificazioni ed incastri , nuance synth-pop, sferzate Kraut a radiografare impalcature 8-bit. La Alpers praticamente non sta ferma un attimo nel costruire - nel vero senso della parola - ogni singolo layer di ogni benedetta canzone: c'è una sorta di fascinazione ipnotica nel seguire i suoi gesti e si ha la sensazione che il cliché della dialettica uomo-laptop sia finalmente passato ad un livello superiore. Al contrario di Bachelorette, Nika Roza Danilova, aka Zola Jesus, si accompagna ad una line up in puro stile goth: tre synth a sgranare bassi e levigare pad metallici ed eterei ed un batterista in martellante stato di grazia.
La cosa più evidente è però che quella Zola Jesus che ieri sera era sul palco è una lontana parente di quella che ricordavamo: praticamente una figura ectoplasmica.
Una capigliatura biondo platino in luogo di quella corvina, un'attitudine da vera e propria mattatrice e non più solamente figura statica ed esoterica.
L'intero live set è consacrato all'esecuzione del suo terzo ed ultimo lavoro full length Conatus, che nel titolo racchiude forse proprio il senso di liberazione violenta da un'identità che oggi non le appartiene più. Il prezzo da pagare per questa eccessiva pulizia nella produzione è la scomparsa dell'urgenza che caratterizzava i precedenti dischi e che ora la vede orchestrare canzoni al limite della dance, rischiando talvolta di calcare la mano in maniera imbarazzante. Nulla o poco rimane della sua passione per la bassa fedeltà, il rumore, le atmosfere dreamy e decadenti.
Rimane la sua voce - una gran voce - oggi come mai in primissimo piano.
Dall'inizio alla fine del suo set la vediamo dimenarsi e correre da un lato ad un altro del palco come braccata da Erinni eppure quello che ci chiediamo è se sia l'inizio di qualcosa di completamente nuovo, di un fuoco sacro diverso e travolgente, o la fine di qualcosa che ha lasciato un segno nei nostri ascolti. Se è proprio quello che ci aspettavamo. La certezza sta nella sensazione che si voglia alzare il tiro e che già i media comincino a dipingerla come la versione alternativa di Lady Gaga, nemesi oscura e minimale dell'eroina della pop music. E alla sola idea la pelle inesorabilmente si accappona.
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