Almost 50 minutes of transcendental, mesmeric drone ambient.
From Vienna, Peter Kutin handles with care the intangible, the sound of frailty (White Desert), feeding listener's head with subtle romance of harmonious buzzing, often trembling and spectral (After The Plague), sometimes coming from far (Sombre) like a blurred image of a dream turned in memory (Storb).
Pure elegance, suspended into the minimalism of shades, evocative pathos, highly lyrical ambients, fed by synths, programming, piano, electroacustic manipulation and saturation, a candour able to paint of melancholy the world around you.
The spectrum of drone music is nowadays even too explored to claim this can mark actually a difference, yet, for sure this is my favorite title on Valeot's catalogue so far, in terms of affinity and inner speculation: a perfect triplet of astral tripping with (recently got) Spheruleus and Somnium.
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° ° /_ .K ..·
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All'incirca 50 minuti di ambient drone, mesmerico e trascendentale.
Da Vienna, Peter Kutin maneggia con cura l'intangibile, il suono della fragilità (White Desert), nutrendo la testa dell'ascoltatore con il sottile romanticismo del buzzing più armonioso, spesso tremulo e spettrale (After The Plague), a volte come arrivare da lontano (Sombre) come una'immagine fuori fuoco di un sogno che è divenuta memoria (Sorb).
Pura eleganza, sospesa nel minimalismo dei toni, pathos evocativo, ambienti altamente lirici, nutriti di synth, programming, piano, manipolazione e saturazione elettroacustica, un candore abile a tinteggiare di malinconia l'intero mondo che Vi è intorno.
Lo spettro del genere drone è oggi giorno sicuramente sin troppo esplorato ed inflazionato per poter dire che questo disco segni la differenza; per certo, resta il mio titolo preferito ad ora del catalogo Valeot, in termini di affinità elettiva e speculazione interiore: una perfetta tripletta di viaggio astrale, accoppiandolo a(i recentemente qui disquisiti) Spheruleus e Somnium.
From Vienna, Peter Kutin handles with care the intangible, the sound of frailty (White Desert), feeding listener's head with subtle romance of harmonious buzzing, often trembling and spectral (After The Plague), sometimes coming from far (Sombre) like a blurred image of a dream turned in memory (Storb).
Pure elegance, suspended into the minimalism of shades, evocative pathos, highly lyrical ambients, fed by synths, programming, piano, electroacustic manipulation and saturation, a candour able to paint of melancholy the world around you.
The spectrum of drone music is nowadays even too explored to claim this can mark actually a difference, yet, for sure this is my favorite title on Valeot's catalogue so far, in terms of affinity and inner speculation: a perfect triplet of astral tripping with (recently got) Spheruleus and Somnium.
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All'incirca 50 minuti di ambient drone, mesmerico e trascendentale.
Da Vienna, Peter Kutin maneggia con cura l'intangibile, il suono della fragilità (White Desert), nutrendo la testa dell'ascoltatore con il sottile romanticismo del buzzing più armonioso, spesso tremulo e spettrale (After The Plague), a volte come arrivare da lontano (Sombre) come una'immagine fuori fuoco di un sogno che è divenuta memoria (Sorb).
Pura eleganza, sospesa nel minimalismo dei toni, pathos evocativo, ambienti altamente lirici, nutriti di synth, programming, piano, manipolazione e saturazione elettroacustica, un candore abile a tinteggiare di malinconia l'intero mondo che Vi è intorno.
Lo spettro del genere drone è oggi giorno sicuramente sin troppo esplorato ed inflazionato per poter dire che questo disco segni la differenza; per certo, resta il mio titolo preferito ad ora del catalogo Valeot, in termini di affinità elettiva e speculazione interiore: una perfetta tripletta di viaggio astrale, accoppiandolo a(i recentemente qui disquisiti) Spheruleus e Somnium.
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not yet, probably nobody cares, or nobody cared enough to tell something. Also: nobody reads komakino.
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