Sappiamo che non compreremo mai un navigatore satellitare. Forse perchè prima dovremmo avere una macchina.
La sera dalle parti del Pigneto a Roma non è difficile trovare il Dal Verme.
Uscendo dal concerto degli Addio non siamo riusciti a salutare molti amici per provare a fare in tempo a beccare la coincidenza dell'ultimo 19 notturno.
Giuriamo che non abbiamo mai aperto nemmeno su Youtube un pezzo dei Labyrinth.
Il tram tornando a casa seguiva una linea dritta, eppure, pensando al set appena visto, l'unica sensazione con cui riuscivamo a confrontarci era quella di trovarsi in un Dedalo. Specie quando ti ci buttano.
Al loro primissimo live di sempre, il nuovo ensemble romano formato con ex membri di Desperate Living, Betty Boom e A Happy Death è come se avesse tracciato nella piccola stanzetta del Circolo Arci di Roma est una specie di percorso psicologico e immaginario indirizzato a spaesamento e disagio.
Come direbbe Rebecca Solnit, il dedalo mira solo a confondere chi lo percorre, quasi come a piegare il libero arbitrio verso una specie di turbamento esistenziale e prolungato. La bordata iniziale di chitarra de il Massimetto in perfetto stile Breakwater, per un attimo, ci ha fatto confondere se eravamo a venerdí 17 di quest'anno o a notte fonda al Pirateria di porta di almeno 3 lustri fa.
In perfetta simbiosi con le sonorità anni '90 di Mineral e Indian Summer, Claudia, Antonio e gli altri riescono a spiazzare e tramortire, mettendo in chiaro da subito di non voler guardare al futuro o a un posto in piedi nel paradiso nell'Indie. Anzi, più che agli aspiranti nuovi Verdone o Favino della scena screamo hardcore romana, gli Addio sembrano appoggiarsi soprattutto all'idea di nero e sconforto di un ipotetico Bela Tarr con i cazzi suoi.
Nelle parti in cui canta Gabriele da dietro la batteria procederemmo ad un paragone ottuso con i Massimo Volume, se tutto intorno non ci fosse chaos (ad., ndr), collasso e un senso di praticità e contrasto molto più diy.
Due di loro sono nostre vecchissime conoscenze, motivo in più per sentirci ancora più legati a questo Addio e non fare ulteriori giochi di parole con il loro nome.
Se gli Addio sono sembrati a loro perfetto agio nella caciara e nei volumi tossici del Dal verme, i Vacanza dalla Campania, subito dopo, sembrano essere stati penalizzati leggermente di più dal rumore e problemi di acustica. Ascoltando nei giorni sucessivi i pezzi del loro nuovo 7" abbiamo apprezzato la loro prossimità a Raein e Daitro.
Dal vivo però non abbiamo colto molti ammiccamenti al rock 'n roll come su disco. Tipo quelli che farebbero pettinati gli Every time i die, ma i nostri hanno comunque una foga e una presenza live che li caratterizza. Meno male che il Dal Verme non ha il Palco del Circolo altrimenti se ne sarebbero andati fuori a girare con la chitarra, se gli arrivava il cavo. Li avremmo ritrovati?
Curioso, che mentre per motivi tecnici salivamo e scendevamo per i due piani del Dal Verme li trovavamo in pose plastiche con il senso dello scorrere del tempo molto esistenzialista. per un attimo ci è venuta in mente qualche foto della mostra di Helmut Newton che avevamo visto giorni prima. Più che toglierci le mutande però siam dovuti andare a raccogliere il giaccone, che come dicevamo all'inizio l'autista del 19 non è nostro amico. Anzi quando gli abbiamo chiesto.
- Quando parte?
ci ha risposto:
- Non lo so.
La sera dalle parti del Pigneto a Roma non è difficile trovare il Dal Verme.
Uscendo dal concerto degli Addio non siamo riusciti a salutare molti amici per provare a fare in tempo a beccare la coincidenza dell'ultimo 19 notturno.
Giuriamo che non abbiamo mai aperto nemmeno su Youtube un pezzo dei Labyrinth.
Il tram tornando a casa seguiva una linea dritta, eppure, pensando al set appena visto, l'unica sensazione con cui riuscivamo a confrontarci era quella di trovarsi in un Dedalo. Specie quando ti ci buttano.
Al loro primissimo live di sempre, il nuovo ensemble romano formato con ex membri di Desperate Living, Betty Boom e A Happy Death è come se avesse tracciato nella piccola stanzetta del Circolo Arci di Roma est una specie di percorso psicologico e immaginario indirizzato a spaesamento e disagio.
Come direbbe Rebecca Solnit, il dedalo mira solo a confondere chi lo percorre, quasi come a piegare il libero arbitrio verso una specie di turbamento esistenziale e prolungato. La bordata iniziale di chitarra de il Massimetto in perfetto stile Breakwater, per un attimo, ci ha fatto confondere se eravamo a venerdí 17 di quest'anno o a notte fonda al Pirateria di porta di almeno 3 lustri fa.
In perfetta simbiosi con le sonorità anni '90 di Mineral e Indian Summer, Claudia, Antonio e gli altri riescono a spiazzare e tramortire, mettendo in chiaro da subito di non voler guardare al futuro o a un posto in piedi nel paradiso nell'Indie. Anzi, più che agli aspiranti nuovi Verdone o Favino della scena screamo hardcore romana, gli Addio sembrano appoggiarsi soprattutto all'idea di nero e sconforto di un ipotetico Bela Tarr con i cazzi suoi.
Nelle parti in cui canta Gabriele da dietro la batteria procederemmo ad un paragone ottuso con i Massimo Volume, se tutto intorno non ci fosse chaos (ad., ndr), collasso e un senso di praticità e contrasto molto più diy.
Due di loro sono nostre vecchissime conoscenze, motivo in più per sentirci ancora più legati a questo Addio e non fare ulteriori giochi di parole con il loro nome.
Se gli Addio sono sembrati a loro perfetto agio nella caciara e nei volumi tossici del Dal verme, i Vacanza dalla Campania, subito dopo, sembrano essere stati penalizzati leggermente di più dal rumore e problemi di acustica. Ascoltando nei giorni sucessivi i pezzi del loro nuovo 7" abbiamo apprezzato la loro prossimità a Raein e Daitro.
Dal vivo però non abbiamo colto molti ammiccamenti al rock 'n roll come su disco. Tipo quelli che farebbero pettinati gli Every time i die, ma i nostri hanno comunque una foga e una presenza live che li caratterizza. Meno male che il Dal Verme non ha il Palco del Circolo altrimenti se ne sarebbero andati fuori a girare con la chitarra, se gli arrivava il cavo. Li avremmo ritrovati?
Curioso, che mentre per motivi tecnici salivamo e scendevamo per i due piani del Dal Verme li trovavamo in pose plastiche con il senso dello scorrere del tempo molto esistenzialista. per un attimo ci è venuta in mente qualche foto della mostra di Helmut Newton che avevamo visto giorni prima. Più che toglierci le mutande però siam dovuti andare a raccogliere il giaccone, che come dicevamo all'inizio l'autista del 19 non è nostro amico. Anzi quando gli abbiamo chiesto.
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