Michel Houellebecq
Sottomissione
(Bompiani, 2015, 252 p., 17,50 euro)
| federico immigrato e rifugiato
Dopo tanti mesi di bocconi amari e il trionfo costante di gente come Gramellini, Anna Premoli e Sylvia Day, questa settimana la classifica dei libri più venduti in Italia ha visto irrompere al primo e secondo posto niente meno che i nostri Eco e Houellebecq. Per un attimo abbiamo interpretato la cosa come il segno di una svolta epocale. Magari era solo l'inizio e il tutto sarebbe continuato con la discesa in campo di Aldo Busi o l'ospitata di Genna (vedi recensione) al Dopofestival di Sanremo.
Dopo poco ci siamo resi conto invece che probabilmente non cambierà nulla, e che le vendite convincenti di Numero Zero e Sottomissione forse non sono nemmeno cosí confortanti. Primo perché il nuovo di Eco è (imho) senza alcun dubbio il libro peggiore di tutta la sua carriera. Secondo perché il clamore che ha accompagnato il ritorno di Houellebecq è stato alimentato soprattutto dalle polemiche scoppiate dopo i tragici fatti della strage di Charlie Hebdo e gli endorsement strumentali di Salvini e Il Foglio. Non sappiamo se il leader della Lega abbia mai aperto Particelle elementari, e se dopo quel libro si sia sentito dalla parte di scambisti erotomani incestuosi. Il fatto che abbia acclamato la presunta vena islamofoba di Sottomissione dimostra chiaramente che non è stato certo lui o i suoi amici a portare Houellebecq al secondo posto, o a leggerlo.
Certo è che l'autore francese non ha mai scelto posizioni facili, anzi un vago situazionismo provocatorio è sempre andato di pari passo al suo immane talento letterario. Negli anni, più si è abbruttito a descrivere situazioni estreme e sconcertanti, e più sembra aver trovato la lucidità di chi sa dov'è il male e l'alienazione. Lo scenario di Sottomissione fa pensare al rovesciamento di prospettiva a destra di Alba rossa del grande John Milius, ma con in più il simbolismo e il senso di abbandono alla disumanità di Cecità di Saramago. In un futuro imminente, il gran partito di Fratellanza Musulmana otterrà una vittoria inaspettata alle elezioni francesi, innescando una serie di sconvolgimenti a catena in tutto il paese e nella vita di François.
Abbiamo poche certezze nella nostra vita. Prima di cominciare questo libro eravamo autenticamente convinti e bardati della nostra laicità. Houellebecq alimenta sicuramente il dubbio della convivenza di alcuni principi dell'Islam con la democrazia (il ruolo della donna, l'autonomia dell'istruzione e la politica dalla religione), dall'altro, però, ci fa anche domandare se il razionalismo asettico dell'illuminismo europeo ci ha portato da qualche parte oltre a fare i geni del sarcasmo su Facebook. Serve forse un barlume di misticità, o fede oltre la vita nella nostra esistenza? L'autore sicuramente rappresenta e rende attuali i dubbi di Toqueville in Democrazia in America (1831) su i danni e gli inconvenienti delle forme di governo per eccellenza dei paesi occidentali. A forza di delegare con il voto, del resto, non siamo più in grado di affrontare e resistere di persona ai mutamenti dei nostri tempi. Houellebecq logicamente pone certi quesiti a suo modo, con un bel numero di scopate esplicite e il suo anticomunismo inconfondibile. In Particelle elementari aveva reso più profondo il suo racconto, con una continua riflessione legata al determinismo della fisica e ai dubbi della filosofia. Qui, la vocazione alla letteratura di Huysmans, e alla normalità del protagonista, plasma stilisticamente tutta la dimensione della storia. Giusto per ribadire la nostra alterità a Salvini, comunque, riteniamo che questo non sembra affatto un libro anti islam. Oltre il finale, in alcuni momenti straripa il fascino che l'autore subisce per la religione di Maometto.
«Vestite durante il giorno con impenetrabili burqa neri, di sera le ricche saudite si trasformavano in uccelli del paradiso, si agghindavano con guêpière, reggiseni trasparenti, perizomi ornati di pizzi policromi e gemme; esattamente al contrario delle occidentali, che, raffinate e sexy durante il giorno perché era in gioco il loro status sociale, tornando a casa la sera si afflosciavano, abdicavano stremate a qualsiasi prospettiva di seduzione indossando tenute comode e informi.»
In Particelle elementari, Houellebecq scriveva che la civiltà occidentale sembra di nuovo genuflessa davanti ai cazzi enormi, come il babbuino hamadryas. Qui, quella pulsione dissacrante sembra assuefarsi e ammosciarsi, non per una perdita di tono di uno dei nostri scrittori preferiti di sempre, ma per il suo abbandono trascendentale allo status medio della neghittosità del nostro tempo.
Dopo poco ci siamo resi conto invece che probabilmente non cambierà nulla, e che le vendite convincenti di Numero Zero e Sottomissione forse non sono nemmeno cosí confortanti. Primo perché il nuovo di Eco è (imho) senza alcun dubbio il libro peggiore di tutta la sua carriera. Secondo perché il clamore che ha accompagnato il ritorno di Houellebecq è stato alimentato soprattutto dalle polemiche scoppiate dopo i tragici fatti della strage di Charlie Hebdo e gli endorsement strumentali di Salvini e Il Foglio. Non sappiamo se il leader della Lega abbia mai aperto Particelle elementari, e se dopo quel libro si sia sentito dalla parte di scambisti erotomani incestuosi. Il fatto che abbia acclamato la presunta vena islamofoba di Sottomissione dimostra chia
Certo è che l'autore francese non ha mai scelto posizioni facili, anzi un vago situazionismo provocatorio è sempre andato di pari passo al suo immane talento letterario. Negli anni, più si è abbruttito a descrivere situazioni estreme e sconcertanti, e più sembra aver trovato la lucidità di chi sa dov'è il male e l'alienazione. Lo scenario di Sottomissione fa pensare al rovesciamento di prospettiva a destra di Alba rossa del grande John Milius, ma con in più il simbolismo e il senso di abbandono alla disumanità di Cecità di Saramago. In un futuro imminente, il gran partito di Fratellanza Musulmana otterrà una vittoria inaspettata alle elezioni francesi, innescando una serie di sconvolgimenti a catena in tutto il paese e nella vita di François.
Abbiamo poche certezze nella nostra vita. Prima di cominciare questo libro eravamo autenticamente convinti e bardati della nostra laicità. Houellebecq alimenta sicuramente il dubbio della convivenza di alcuni principi dell'Islam con la democrazia (il ruolo della donna, l'autonomia dell'istruzione e la politica dalla religione), dall'altro, però, ci fa anche domandare se il razionalismo asettico dell'illuminismo europeo ci ha portato da qualche parte oltre a fare i geni del sarcasmo su Facebook. Serve forse un barlume di misticità, o fede oltre la vita nella nostra esistenza? L'autore sicuramente rappresenta e rende attuali i dubbi di Toqueville in Democrazia in America (1831) su i danni e gli inconvenienti delle forme di governo per eccellenza dei paesi occidentali. A forza di delegare con il voto, del resto, non siamo più in grado di affrontare e resistere di persona ai mutamenti dei nostri tempi. Houellebecq logicamente pone certi quesiti a suo modo, con un bel numero di scopate esplicite e il suo anticomunismo inconfondibile. In Particelle elementari aveva reso più profondo il suo racconto, con una continua riflessione legata al determinismo della fisica e ai dubbi della filosofia. Qui, la vocazione alla letteratura di Huysmans, e alla normalità del protagonista, plasma stilisticamente tutta la dimensione della storia. Giusto per ribadire la nostra alterità a Salvini, comunque, riteniamo che questo non sembra affatto un libro anti islam. Oltre il finale, in alcuni momenti straripa il fascino che l'autore subisce per la religione di Maometto.
«Vestite durante il giorno con impenetrabili burqa neri, di sera le ricche saudite si trasformavano in uccelli del paradiso, si agghindavano con guêpière, reggiseni trasparenti, perizomi ornati di pizzi policromi e gemme; esattamente al contrario delle occidentali, che, raffinate e sexy durante il giorno perché era in gioco il loro status sociale, tornando a casa la sera si afflosciavano, abdicavano stremate a qualsiasi prospettiva di seduzione indossando tenute comode e informi.»
In Particelle elementari, Houellebecq scriveva che la civiltà occidentale sembra di nuovo genuflessa davanti ai cazzi enormi, come il babbuino hamadryas. Qui, quella pulsione dissacrante sembra assuefarsi e ammosciarsi, non per una perdita di tono di uno dei nostri scrittori preferiti di sempre, ma per il suo abbandono trascendentale allo status medio della neghittosità del nostro tempo.
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