La Teiera di Russell
NMR
(6tx CD - Vollmer Industries, Dreamingorilla, Scatti Vorticosi, Tanto di Cappello rec 2015)
| federico immigrato e rifugiato
Molte persone ritengono che la propria biografia consista in un racconto di sé, o peggio, in un tirar fuori i propri sentimenti, come se il meglio di noi, o il nostro io più alto, consistesse in un raffinamento interiore.
Ok, forse le recenti e fugacissime esperienze editoriali di Bobo Vieri, Scialpi e il gioppino Trapattoni nelle nostre librerie sembrerebbero dimostrare più il contrario.
Se tutti aprissero il vortice del proprio subconscio come hanno fatto i La Teiera di Russell in questo loro NMR però, siam pronti ad accogliere gli sfoghi biografici, di molta più gente, a parte, sí, ex calciatori e divi del pop italiano anni '80.
Non siamo sicuri di esser capaci di spiegare correttamente a voce la storia della metafora della Teiera di Bertrand Russell, da cui il terzetto strumentale prende umilmente il nome.
Siamo certi che il disco del terzetto di Mondoví ci è subito piaciuto.
Oltre alla gamma versatile e sterminata di influenze, va apprezzato il modo in cui i nostri riescono a impostare la loro proposta.
Combinare prog, jazz e post-rock sembrerebbe sempre una cosa seria e presuntuosa.
Loro pur partendo in modo epico e con suite da quindici minuti riescono a essere decisamente concreti e diretti, animandosi emozionalmente come farebbero gli And You Will Know Us... e argomentando con una tecnica che omaggia i King Crimson e gli Emerson Lake And Palmer.
Più che math, come abbiamo letto da qualche parte, il loro fluido ci sembra supportato da scie che a tratti ricorderebbero addirittura i Godspeed You! Black Emperor se, in episodi come Pezzo 35 non si tetrisaesizzassero in ritmi da videogioco o calci in culo zigano.
Vecchi tromboni si lamentano sempre che ora la vita è più facile che si può ascoltare cosí tanta musica in maniera istantanea e indolore. La Teirea di Russel dimostra che il rovescio della medaglia è roseo e promettente, e che a vent'anni si può fare un disco che negli '80 si poteva fare dopo quattro lustri di ascolti e ricerche infruttuose da negozi specializzati come Disfunzioni Musicali.
Ok, forse le recenti e fugacissime esperienze editoriali di Bobo Vieri, Scialpi e il gioppino Trapattoni nelle nostre librerie sembrerebbero dimostrare più il contrario.
Se tutti aprissero il vortice del proprio subconscio come hanno fatto i La Teiera di Russell in questo loro NMR però, siam pronti ad accogliere gli sfoghi biografici, di molta più gente, a parte, sí, ex calciatori e divi del pop italiano anni '80.
Non siamo sicuri di esser capaci di spiegare correttamente a voce la storia della metafora della Teiera di Bertrand Russell, da cui il terzetto strumentale prende umilmente il nome.
Siamo certi che il disco del terzetto di Mondoví ci è subito piaciuto.
Oltre alla gamma versatile e sterminata di influenze, va apprezzato il modo in cui i nostri riescono a impostare la loro proposta.
Combinare prog, jazz e post-rock sembrerebbe sempre una cosa seria e presuntuosa.
Loro pur partendo in modo epico e con suite da quindici minuti riescono a essere decisamente concreti e diretti, animandosi emozionalmente come farebbero gli And You Will Know Us... e argomentando con una tecnica che omaggia i King Crimson e gli Emerson Lake And Palmer.
Più che math, come abbiamo letto da qualche parte, il loro fluido ci sembra supportato da scie che a tratti ricorderebbero addirittura i Godspeed You! Black Emperor se, in episodi come Pezzo 35 non si tetrisaesizzassero in ritmi da videogioco o calci in culo zigano.
Vecchi tromboni si lamentano sempre che ora la vita è più facile che si può ascoltare cosí tanta musica in maniera istantanea e indolore. La Teirea di Russel dimostra che il rovescio della medaglia è roseo e promettente, e che a vent'anni si può fare un disco che negli '80 si poteva fare dopo quattro lustri di ascolti e ricerche infruttuose da negozi specializzati come Disfunzioni Musicali.
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