Clinic
w/ Dispositivo per il lancio obliquo di una sferetta
@ Init, Roma - giovedì 15 gennaio 2009, - ingr. 15€
| pall youhideme
Il mio primo concerto del 2009, si comincia bene, e si ricomincia all'Init, con l'acidità psichedelica dei Clinic: certo 15€ di ingresso non sono poche, ma si sa, i dottori chirurghi guadagnano bene.
Aprono la serata i Dispositivo per il lancio obliquo di una sferetta, che non sono i Clinic come dice uno dei tre al microfono, ma certo sono casi clinici di ipertecnica fra Goblin, Battles e Topo Gigio; - non che Gigio suoni epico o fusion, ma di sicuro la voce in continuo cambio di pitch di uno dei tre Dispositivo non faceva che scemare il mio interesse: - tanto di cappello alle capacità strumentali, specie del batterista, - pura furia e talento (anche membro degli eccellenti Ghatanothoa), - ma per il resto mi pare se la tirassero un pò troppo (- di sicuro tiravano il loro promo, lanciandolo fra il pubblico), e ho cominciato allora a sbadigliare.
Un infinito cambio palco (solo la batteria dei Dispositivo contava 20 elementi, credo), e arrivano i Residents, anzi no, i Clinic, che praticamente in un mondo parallelo potrebbero essere i medici della mutua dei Residents e dei Mummies, - tanto sono capaci di calibrare psichedelia e noise psychobilly, in puro eclettismo. Si montano gli strumenti, poi scompaiono dietro le quinte per andare ad indossare camice e mascherina bianca.
Gli altri muti, è solo il frontman Ade Blackburn che ha dire qualche thanks & cheers, e a presentare i titoli dei pezzi. Con all'organo Jonathan Hartley, canta Distortions, - forse il momento più soft del concerto. - Il pubblico si fomenta presto, molti ballano in prima fila, l'init è pieno, l'età degli astanti è veramente varia, - c'è qualche 50enne anche, - bello a vedersi. I Clinic, se non sbaglio, hanno aperto il concerto con The Witch (Made to Measure), e in circa un'ora di set, a seguire, Corpus Christi, Free Not Free, Shopping Bag. Il primo di due bis è Harvest (Within You), - seguito da una strumentale come finale. La voce acidula di Ade e il controcanto spaghetti-morriconiano di Jonathan non mi deludono, tanto meno la batteria sincope e il rancido delle chitarre. E la melodica a bocca, sí, c'era pure quella, - come poteva mancare?
Ho registrato il live di Distortions, ma lo consiglio solo ai fan, visto l'audio della mia fotocamera e la fermezza parkinsiana della mia mano, - oltre che lo zoom in/out continuo per evitare il capoccione di chi mi stava davanti.
Aprono la serata i Dispositivo per il lancio obliquo di una sferetta, che non sono i Clinic come dice uno dei tre al microfono, ma certo sono casi clinici di ipertecnica fra Goblin, Battles e Topo Gigio; - non che Gigio suoni epico o fusion, ma di sicuro la voce in continuo cambio di pitch di uno dei tre Dispositivo non faceva che scemare il mio interesse: - tanto di cappello alle capacità strumentali, specie del batterista, - pura furia e talento (anche membro degli eccellenti Ghatanothoa), - ma per il resto mi pare se la tirassero un pò troppo (- di sicuro tiravano il loro promo, lanciandolo fra il pubblico), e ho cominciato allora a sbadigliare.
Un infinito cambio palco (solo la batteria dei Dispositivo contava 20 elementi, credo), e arrivano i Residents, anzi no, i Clinic, che praticamente in un mondo parallelo potrebbero essere i medici della mutua dei Residents e dei Mummies, - tanto sono capaci di calibrare psichedelia e noise psychobilly, in puro eclettismo. Si montano gli strumenti, poi scompaiono dietro le quinte per andare ad indossare camice e mascherina bianca.
Gli altri muti, è solo il frontman Ade Blackburn che ha dire qualche thanks & cheers, e a presentare i titoli dei pezzi. Con all'organo Jonathan Hartley, canta Distortions, - forse il momento più soft del concerto. - Il pubblico si fomenta presto, molti ballano in prima fila, l'init è pieno, l'età degli astanti è veramente varia, - c'è qualche 50enne anche, - bello a vedersi. I Clinic, se non sbaglio, hanno aperto il concerto con The Witch (Made to Measure), e in circa un'ora di set, a seguire, Corpus Christi, Free Not Free, Shopping Bag. Il primo di due bis è Harvest (Within You), - seguito da una strumentale come finale. La voce acidula di Ade e il controcanto spaghetti-morriconiano di Jonathan non mi deludono, tanto meno la batteria sincope e il rancido delle chitarre. E la melodica a bocca, sí, c'era pure quella, - come poteva mancare?
Ho registrato il live di Distortions, ma lo consiglio solo ai fan, visto l'audio della mia fotocamera e la fermezza parkinsiana della mia mano, - oltre che lo zoom in/out continuo per evitare il capoccione di chi mi stava davanti.
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