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Lightning Bolt

+ Zu + OvO

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@ interzona, Verona, 18 novembre 2008

 | leonardo amico
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La portata dell'evento rende pericoloso  il giudizio che rischia di crollare verso l'osannamento irrazionale o l'essere critici a tutti i costi. Dorella chierico annuncia l'inizio del concerto scuotendo solenne un campanellino argentato sommerso dalla sua stazza che trascina vagando anima in pena per tutto il locale. Arrivato sul palco il suono dei due Ovo non smentisce le aspettative delle orecchie ancora inviolate dell'ascoltatore incosciente. I tappi alle orecchie preservano l'udito da gravidanze indesiderate. In rombi e droni avanza compatta l'esibizione che rispetto alle mie precedenti si svolge in maniera più strutturata, una maggiore cura della musica nella solita consolidata impostazione scenica. Tutte le braccia restano conserte per l'intera durata del loro concerto.
Niente tempi morti, qualche minuto poi Zu. Di nuovo c'è del luminare di schermo dietro la batteria e qualche suono sintetico di conseguenza. Ma è l'alchimia sempre più definitiva tra i tre che arrende il giudizio, ogni strumento ha il suo ruolo impeccabile in termini di tempo e frequenza. Si progredisce per dettagli, quindi la sensazione che si smetterà presto di avere qualcosa da dire sui loro live. Ora qualcuno slaccia le braccia e c'è anche chi si arrischia a muovere il torso in avanti. interzona con lo stomaco di metallo, nessuno perde la pancia neanche adesso.
Arriva il turno dei Brians (C & G). Ora l'intero locale inclina l'asse verso il piccolo palco montato a un lato della sala ridossandosi fino a sopra la batteria appoggiata pressoché al pavimento. La dimensione mentale che ha costituito fino ad ora la percezione del concerto viene sostituita da una morsa contro le spalle che sfugge dalle interpretazioni di qualità estetiche conducendo al senso fisico della presenza. Si fatica a tenere i piedi al suolo, la calca solleva i corpi meno densi a 30cm da terra. Si accusa la mancanza di compromessi.
Percussioni spinte a valori ultracinetici di BPM, Chippendale rappresentazione corporea dalla Drum'n'Bass più becera, sporca e volgare. Il basso (con l'innesto di 2 corde sottilissime) di Gibson pompa stomaco e mascella con terribilmente alti e terribilmente bassi che risuonano arresi di fronte al muro di suono montato dietro i due. L'aria è satura e la coscienza di se difficoltosa, non si distingue chiaramente tra gesti pensati o attuati, che hanno effetti infinitesimi di fronte all'esperienza complessiva della presenza lí, ora.
Chippendale sbraita incomprensibile da dentro un calzino bucato e tutto dura cosí a lungo e senza cadute d'intensità che si è tramortiti nel percepire la loro stanchezza che avrebbe dovuto fermarli o attenuarli da tempo. Il giudizio appiattito sui canoni estetici e su strutture predefinite della critica tende a frammentare in indicatori più o meno legittimi un'esperienza che andrebbe invece recepita nella sua interezza.
Sintetizzare un giudizio qualitativo a partire da un'attenzione ossessiva per i diversi aspetti scarnifica l'impressione complessiva e ne disperde il valore profondo. Il ruolo del critico deve invece prescindere dal messaggio, dalla grammatica e porsi nella posizione maggiormente ricettiva in termini d'intensità, e solo in quel caso è assolutamente al di sopra delle parti.
Il punto di vista privilegiato di tale critico è lo stage diving.
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(27/11/2008 10:02:00 - ip: 89.97....)
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