C'è da dire che i Father Murphy sono per me un ottimo Gruppo, uno di quelli che non sentirete passare alla radio, o per lo meno non in molte radio. Magari non li metterete a suonare sullo stereo durante una cena con i colleghi dell'ufficio. Non che questo sia per forza un metro di qualità, per carità, - ma di sicuro sta ad indicare la Loro estemporaneità alla linea pop o al radiofriendly (per quanto alcuni numeri del primo album Six Musicians Getting Unknown siano più ligi alla linea melodica).
Il Loro concerto al fanfulla di Roma (zona Pigneto), concerto poco noto ai pochi ('ah, ma tu lo sapevi che suonavano loro stasera? io l'ho saputo due ore fa'), è stata una piccola esperienza di sacra originalità esoterica, dove alcuni del pubblico si allontavano asserendo 'no, io li odio proprio i father murphy, ci vediamo dopo' e altri che si fomentavano facendosi prendere dall'estasi sperimentale dei nostri tre.
Set poco amplificato, o più che altro fanfull-izzato nelle limitazioni audio del salotto buono dell'arci, ha sciorinato in una mezz'ora per lo più dei pezzi dall'ultimo disco ...and He told us to turn to the Sun, di cui la capitolina No-fi rec ha curato l'uscita su cassetta: sí, sí, su cassetta; mentre la Boring Machines ha stampato Loro il CD e il collettivo MadCap invece la versione in vinile.
E visto che l'egida Father Murphy sa di chiesa o setta, - o forse è la policy al fanfulla, - lí all'entrata del locale c'era un bussolotto per le offerte al Gruppo, - ma invece che incenso ad ondeggiare sopra le teste dei peccatori, c'era praticamente l'80% della gente del locale a fumare, con gioia ecclesiastica dei non fumatori (me in primis) e quelli propensi all'asma: una volta tornato a casa, ho buttato direttamente i vestiti in lavatrice, - grazie a tutti gli astanti.
I tre Father Murphy (in verità la leggenda vuole che la formazione sia composta da Father Murphy (voce, chitarra), Chiara Lee (tastiere giocattolo, efx, voce, campane) e Vicar Vittorio Demarin (violino, voce, batteria, - un drumkit particolare fatto di due tom, cassa e piatti)) sanno creare un bel pathos di stranezza e dolore, fatto di semplici note, semplici quanto pregne di carica e riverbero, litanie, percussioni - qualcosa di estraniante più che di psichedelico, - qualcosa che non riesce a tacere il pubblico nel retro sala, ma che ti catapulta in una magia sinistra per cui provi/provo rispetto e catarsi. La bocca di Father Murphy si storce tra grida e indigestione di dita tagliate ed eresie, una sorta di concept di gruppo intorno ad una religione non meno assurda di quella più nota ad altri milioni, un credo raccontato musicalmente tra silenzi, pause e rotture dissonanti e delay corti.
Father Murphy strappa applausi un pò a tutti, e passa presto ad un unico bis, ovvero la title-track di quel primo album di cui sopra, - intanto un cane demoniaco mi fissa mentre faccio la mia ultima foto e telepaticamente mi dice che la sua padrona usa la stessa sua tinta per i capelli.
Il Loro concerto al fanfulla di Roma (zona Pigneto), concerto poco noto ai pochi ('ah, ma tu lo sapevi che suonavano loro stasera? io l'ho saputo due ore fa'), è stata una piccola esperienza di sacra originalità esoterica, dove alcuni del pubblico si allontavano asserendo 'no, io li odio proprio i father murphy, ci vediamo dopo' e altri che si fomentavano facendosi prendere dall'estasi sperimentale dei nostri tre.
Set poco amplificato, o più che altro fanfull-izzato nelle limitazioni audio del salotto buono dell'arci, ha sciorinato in una mezz'ora per lo più dei pezzi dall'ultimo disco ...and He told us to turn to the Sun, di cui la capitolina No-fi rec ha curato l'uscita su cassetta: sí, sí, su cassetta; mentre la Boring Machines ha stampato Loro il CD e il collettivo MadCap invece la versione in vinile.
E visto che l'egida Father Murphy sa di chiesa o setta, - o forse è la policy al fanfulla, - lí all'entrata del locale c'era un bussolotto per le offerte al Gruppo, - ma invece che incenso ad ondeggiare sopra le teste dei peccatori, c'era praticamente l'80% della gente del locale a fumare, con gioia ecclesiastica dei non fumatori (me in primis) e quelli propensi all'asma: una volta tornato a casa, ho buttato direttamente i vestiti in lavatrice, - grazie a tutti gli astanti.
I tre Father Murphy (in verità la leggenda vuole che la formazione sia composta da Father Murphy (voce, chitarra), Chiara Lee (tastiere giocattolo, efx, voce, campane) e Vicar Vittorio Demarin (violino, voce, batteria, - un drumkit particolare fatto di due tom, cassa e piatti)) sanno creare un bel pathos di stranezza e dolore, fatto di semplici note, semplici quanto pregne di carica e riverbero, litanie, percussioni - qualcosa di estraniante più che di psichedelico, - qualcosa che non riesce a tacere il pubblico nel retro sala, ma che ti catapulta in una magia sinistra per cui provi/provo rispetto e catarsi. La bocca di Father Murphy si storce tra grida e indigestione di dita tagliate ed eresie, una sorta di concept di gruppo intorno ad una religione non meno assurda di quella più nota ad altri milioni, un credo raccontato musicalmente tra silenzi, pause e rotture dissonanti e delay corti.
Father Murphy strappa applausi un pò a tutti, e passa presto ad un unico bis, ovvero la title-track di quel primo album di cui sopra, - intanto un cane demoniaco mi fissa mentre faccio la mia ultima foto e telepaticamente mi dice che la sua padrona usa la stessa sua tinta per i capelli.
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