Manuela Piemonte
Intervista con l'autrice de Il Proiezionista, - dai Blueprint alla carta stampata.
| federico immigrato e rifugiato
Sicuramente sono più i musicisti che si sono prestati alla narrativa che non i racconti che abbiano una storia legata o calata in maniera interessante nel circuito dell'indie o del music system italiano. Non che aspettiamo un noir ambientato claustrofobicamente al Mads a San Lorenzo, ma ci fa piacere accogliere l'esordio letterario di Manuela Piemonte, fino a qualche tempo fa attiva nei Blueprint una delle formazioni italiane a cui tenevamo di più.
Il Proiezionista è un piccolo gioiello, ed è riuscito a farci riscoprire Piero Ciampi.
FedImmRif: In passato ti sei
dedicata a numerosissimi progetti, hai collaborato con
un gruppo di tutto rispetto come i Blueprint, curavi un dj-set, ti sei mossa all'interno del coordinamento
di Polyester e ti sei avvicinata all'attività
di un'importante associazione antimafia. Intanto complimenti e scusa
se mi sono scordato il resto
Quando hai cominciato a coltivare la
tua passione per la scrittura?
Manuela Piemonte: Prima che passione
per la scrittura, direi passione per la lettura e per i libri e per
la scrittura di conseguenza... Ho sempre scritto e inventato storie,
da piccola scrivevo raccontini con tanto di disegni annessi, e questa
cosa non è andata svanendo nel tempo, ma è stata, più che altro,
una presenza intermittente... Tendo ad appassionarmi a un sacco di cose,
a un certo punto però ho sentito che non si può fare i "tuttologi"
per sempre ed è bene almeno provare a fare una scelta, se si vuole
intraprendere un percorso professionale, o semiprofessionale. Per gli
hobby c'è sempre tempo.
FedImmRif: Il racconto con
cui hai esordito rientra più o meno intenzionalmente nelle corde o
nei canoni di un noir. Alla base della trama c'è un'indagine in
ogni caso. Come mai hai voluto cimentarti in quel tipo di racconto?
Anche tu hai la sensazione che i gialli tendenzialmente sono considerati
di un lignaggio appena più basso dei romanzi di letteratura?
M.P.: Non è una sensazione,
ma un dato di fatto: tutta la letteratura di genere è considerata
di serie B. A volte è vero, ci sono ottime storie scritte male
o comunque non abbastanza bene, avere un'idea per una buona storia non
vuol dire sempre saperla anche raccontare con una buona scrittura, questo
lo dico spesso a me stessa. Purtroppo però il pregiudizio va a
toccare anche le storie che sono ottimamente scritte e che quindi andrebbero
prese in considerazione in quanto romanzi o racconti, non o comunque
non solo come parte di un genere letterario. Poi si sa che come in ogni
campo, limitare qualcosa o qualcuno in una breve definizione è un'approssimazione
necessaria: i libri come genere, cosí i gruppi musicali, ma anche le
persone. Quante volte ci presentano qualcuno e poi, anziché limitarsi
a dirci il suo nome o da dove viene, aggiungono "lui è/lei è..."
qualsiasi sia la sua professione? Lui è un postino, ad esempio, avrebbero
detto di Bukowski quando faceva quel mestiere, ma non era anche uno
scrittore?Comunque, mi sono cimentata con il noir perché mi appassiona,
lo vedo come una chiave di lettura molto naturale per gran parte della
realtà: tendiamo a vedere solo la luce mentre il mondo è pieno di
ombre, quindi perché non usarle per raccontare ciò che ci circonda?
FedImmRif: Hai ambientato la
storia nel 1986. A parte qualche breve riferimento a
Supercar e ai ghiaccioli alla fragola però
il racconto vivrebbe di una temporalità
del tutto autonoma. Mi spiego potrebbe benissimo essere riattualizzato
ai giorni nostri. Come mai questa scelta di
spostarlo indietro nel tempo?
M.P.: Non l'ho spostata indietro
nel tempo, la storia è sempre stata lí, in un'epoca che ho vissuto
quando ero piccola e che, dal punto di vista narrativo è secondo me
molto più interessante, una società senza telefonini e internet
si muoveva a un ritmo diverso, per forza di cose, e poi per i riferimenti
alla mafia e al traffico di droga il racconto doveva essere ambientato
in quegli anni, per una corretta collocazione storica.
FedImmRif: Molti musicisti
più o meno famosi si sono cimentati nella scrittura. Da Guccini a
Clementi, Boosta o Godano, hai mai letto qualcosa di questi artisti?
M.P.: Ho letto anni fa i
racconti di Boosta, e ho letto un libro di racconti di Manuel Agnelli,
ma non mi hanno colpito in modo particolare. Clementi, che è un'ottimo
scrittore, anche nei testi dei Massimo Volume ha sempre mostrato di
essere un punto di incontro tra letteratura e musica. Ci sono del resto
molti scrittori appassionati di musica, è naturale che chi è abituato
a esprimersi in modo artistico non si limiti a un solo campo... Dino
Buzzati secondo me era un ottimo pittore e preferisco di gran lunga
i suoi quadri ai suoi libri, tanto per citare un esempio.
FedImmRif: Come sta andando
il libro?
M.P.: Non lo so! Bisognerebbe chiederlo all'editore, ma ho sempre pensato che fosse più un'occasione per farsi conoscere tra gli addetti ai lavori che altro.
FedImmRif: L'universo
delle etichette indipendenti italiane e labirintico e indecifrabile
(qual è quella che mi sòla di meno). Da fuori quello delle piccole
case editrici sembra ancora più ingovernabile. Che tipo di confronto
puoi fare tra le due realtà oltre
l'atroce mancanza di risorse.
M.P.: Una grande differenza
è che non mi risulta che nel mondo discografico, anche a livello
di piccole etichette, esista un fenomeno affine e sistematico come quello
dell'editoria a pagamento, in cui rientrano molti piccoli editori. E
poi notiamo già nell'uso di questi termini che non ci sono piccoli
editori che si proclamano "indipendenti", termine che penso
sia usato impropriamente in ambito musicale, ma questo è un altro discorso.
FedImmRif: Per il resto, entrambi
gli ambiti sono una selva in cui è difficile districarsi e occorre
andare almeno a qualche fiera della piccola editoria per capire chi
fa cosa e come e iniziare a orientarsi, sia da lettori che da scrittori.
M.P.: A livello di scrittura,
scrivendo il racconto ti sei immedesimata in Giada
la protagonista o hai mantenuto la distanza critica da tutti i
personaggi?
Trovo difficile mantenere
una distanza critica dai personaggi, piuttosto mi sono immedesimata
in tutti i personaggi, trovo sia l'unico modo per raccontarli con un
po' di onestà, anche quelli che non rispecchiano per niente il tuo
modo di vedere le cose.
FedImmRif: Hai reso molto bene
il clima familiare e allo stesso tempo asfissiante della provincia.
Dove sei cresciuta? Hai vissuto sia a Roma
che a Milano, quale città pensi che sia più
stimolante per coltivare i propri interessi?
M.P.: Sono cresciuta nel
paese in cui è ambientato il romanzo e quando ero piccola lí
non c'era nulla, a parte l'oratorio e il cinema dell'oratorio. Quindi
se per tua scelta non volevi fare pare di quell'ambiente, eri tagliato
fuori da tutto. Per le persone curiose la vita in provincia, soprattutto
una provincia come era quella, può rivelarsi mortale. Io ho capito
che se anche amo l'aria pulita e il silenzio, in realtà sono fatta
per la vita di città, quella in cui si accumulano talmente tante cose
da fare che si è costretti a rinunciare a qualcosa, perché capita
tutto la stessa sera, lo stesso giorno.
Non penso che al giorno
d'oggi ci siano cosí grandi differenze, a livello culturale, tra Milano
e Roma, le presentazioni dei libri che fanno in un posto le fanno anche
nell'altro, tanto per fare un esempio. Ma comunque penso che per quella
che è stata Roma negli anni in cui ci ho vissuto, e per quello di cui
avevo bisogno io in quel periodo, Roma fosse il posto perfetto. Milano
e Roma sono due posti molto diversi, e ognuno ha i suoi pro e i suoi
contro, ma nessuna delle due è un posto disperso in mezzo al nulla,
quindi credo che coltivare i propri interessi alla fine non dipenda
dal posto, ma sia un'attitudine.
FedImmRif: Al momento sta spopolando
la saga di Larsson, (Uomini che odiano le
donne), che ne pensi? A cosa stai lavorando
al momento?
M.P.: Non l'ho ancora letta,
anche perché prima ho una sequela di libri "da leggere"
arretrati. Sono molto curiosa di capirne la forza, visto che si è fatto
strada con il passa parola.
Al mio nuovo romanzo,
che ha il titolo provvisorio di Paradise Rock e ha per protagonista
un musicista. Quando troverà un editore sarete tra i primi a saperlo.
FedImmRif: Ora che
è passato un po' vuoi parlarci della tua
attività all'interno di Polyester, che tipo di esperienza
è stata? Quella di un coordinamento a Roma è un progetto troppo
titanico?
M.P.: Per i molti che non
lo sanno, Polyester è un coordinamento di musicisti tutt'ora esistente
a Roma, anche se ormai poco operativo, che ha contribuito a promuovere
la musica originale e di nicchia nella capitale, e non solo. Farne parte,
per circa cinque anni, è stata un'esperienza unica e irripetibile,
direi quasi assimilabile a quella delle avanguardie dei vecchi tempi.
Un particolare fermento di idee musicali e non, dove si sono incontrate
e scontrare menti altrettanto fervide. Un coordinamento tra artisti,
che siano musicisti o no, non é un progetto titanico, tutt'altro.
Come per ogni progetto,
basta essere armati di buona volontà. Solo con la buona volontà abbiamo
organizzato concerti ed eventi di piccole e grandi dimensioni, nessuno
ci pagava e anzi a volte ci abbiamo anche rimesso. A me è servito per
imparare che si possono creare nuove realtà anche dal basso, e che
a volte basta rimboccarsi le maniche anziché lamentarsi e aspettare
che qualcuno ci dia ciò che vorremmo trovare.
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