Il concerto romano di Health e Japandroids è da ma atteso e salutato quale uno degli eventi più importanti dell'anno per la musica dal vivo.
E' un appuntamento che non voglio mancare, eccomi infatti di fronte al palco a mantenere i miei propositi.
I due gruppi che suoneranno questa sera costituiscono, su traiettorie di ricerca differenziate, l'avanguardia creativa del rock 'n' roll meno allineato attuale.
Il duo dei Japandroids si propone quale esponente di spicco di un'ondata che vede tra i capofila personaggi come No Age e Japanther. Il pubblico convenuto, forte dell'ascolto dei fortunati Post-Nothing e No Singles, sa bene cosa aspettarsi da questi signori che promettono di mantenere tutte le aspettative generate dal successo del materiale di studio. E' già culto. Il suono è sorretto unicamente dalla chitarra e dalla batteria, non si fa ricorso ad altro. Le voci dei due musicisti sono impiegate all'unisono e richiamano il cantato schizoide degli Animal Collective. Il chitarrista sfoggia una capigliatura che ricorda vagamente quella d'epoca del batterista dei Minutemen e si sottopone a un tour de force fisico scatenato al pari della musica, un garage minimalista che non conosce fasi discendenti o rallentamenti. E' un'esibizione condotta senza mai riprendere fiato. Nelle pause il pubblico richiede a gran voce questo o quell'altro pezzo senza venire minimamente preso in considerazione, ma i Japandroids hanno inciso solo due album più una manciata di singoli e hanno a disposizione tutto il tempo necessario per riproporre il proprio repertorio completo nell'ordine che più li aggrada. Il gruppo tradisce un'emozione fortissima che traduce in energia e manda a segno tutto quello che ha da dire senza risparmiarsi. La gente è completamente impazzita, non si sono fatti prigionieri, mai un calo di tensione.
I due smontano dal palco per lasciare libero il campo ai colleghi che suoneranno dopo.
Zingari al neon che potrebbero comparire senza fastidio in una puntata di Kiss Me Licia, esteticamente gli Health sembrano l'incarnazione del sincretismo presente, fatto di buttarsi al buio nell'armadio della memoria.
Schierano un muro di amplificatori e ai loro piedi sono disposte catene infinite di effetti. La batteria è doppiata da un timpano supplementare e vengono impiegati anche due campionatori.
A parte il batterista, un pezzo d'uomo che martella sui tamburi con la medesima leggerezza di un manlio su un incudine, gli altri tre musicisti si alternano a diversi strumenti in un continuo ed estenuante “cambio della guardia”.
Come accade per moltissimi gruppi contemporanei formatisi dopo gli Animal Collective, le armonie dei brani sono sovente sostenute dalla voce.
In alcuni episodi sembra di ascoltare, se mi si passa l'azzardo, una versione “infernale” degli Spacemen 3 più “stonati” (dagli effetti del consumo di combustibili imprevisti e non nelle armonie). E' una pazza giostra di distorsioni quella che si riversa sul pubblico, potenza di un suono che incrocia lo shoegaze anni '90, il noise della Load Records, la no wave della triade Teenage Jesus/Mars/Dna, la now wave di Arab On Radar e AIDS Wolf.
Una miscela piccante di distorsioni ottenute tramite un lavorio monumentale di effettistica. Il basso è lo strumento che maggiormente viene “sfigurato” da questi impavidi trattamenti: lo riconosco solo visivamente perché il suono è tutt'altra cosa, una sorta di acuto ineffabile raglio. Forse gli Health hanno inventato un nuovo genere che dovrebbe chiamarsi “Teenage Jesus & Mary Chain”.
Non vanno dimenticati, quali elementi strutturali del suono del gruppo, i continui rimandi all'elettronica, nonostante di elettronica vi sia ben poco nelle loro composizioni.
Alle tentazioni IDM la formazione ha dedicato un fortunato capitolo della propria discografia, quel Disco (titolo fantasioso quanto insospettabile) realizzato in collaborazione con prestigiosi musicisti dagli orientamenti più sintetici.
L'ultimo album del quartetto si chiama Get Color ed è bello quanto il precedente Health.
Una cornucopia di stili che ha fatto grandissimo questo concerto, davvero una bomba. Un evento eccezionale. Io c'ero.
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