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Prague

Panacca Sonica

https://www.inkoma.com/k/4585

Ricapitolando con Alessandro Viccaro.

 | federico immigrato e rifugiato
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È probabile che abbiamo cominciato a impiastrare le nostre prime fanzine cartacee proprio quando Prague finiva di comporre il suo esordio assoluto. 
Se il caso avesse voluto magari avremmo potuto fare un'intervista già allora. 
Più o meno siamo riusciti a concludere il pezzo solo adesso, mettendoci però tutto il tempo che avremmo potuto impiegare proprio negli anni '90. 
Come se non avessimo email, la possibilità di ascoltare il nuovo disco online o di comunicare almeno con gli SMS. 
La dimensione e il talento artistico di Alessandro Viccaro, del resto, riesce ad affrancarsi intimamente da tutto l'involucro di spam, immondizia e marketing da quattro soldi da cui la musica sembra dover passare per forza in questi tempi.
Ogni passaggio di The Great Dark Nothingness riflette senza alcun tipo di filtro l'umore e la sua voglia di mostrarsi anche di spalle. 
Come quella che immaginiamo avesse Songs Ohia quando fini di terminare The Magnolia Electric Co. .
Questa probabilmente è l'ultima intervista che faremo, ma concludere con lui, significherebbe molto per noi e sarebbe davvero una delle ultime cose che abbiamo sempre voluto fare.
Oltre correre in spiaggia e abbracciare Neil Young da solo e vestito di giallo, alla fine di On the beach.




***


Federico:  Cronenberg ha detto che nel cinema, le realtà più filmate sono il sesso o le macchine? 

Prague: Non saprei, da uno che ha girato Crash mi aspetto che tenga a tutte e due le cose. In generale credo che le auto siano state più filmate però. Cronenberg fino ai 20 anni era il mio regista preferito, Scanners e Videodrome mi colpirono molto quando ero bambino, in età più adulta guardai Il Demone Sotto La Pelle e mi rapí totalmente. 

Federico: Nel tuo ultimo disco, l'idea che ritorna più spesso sembra la strada aperta per un lungo cammino dopo qualche tipo di rinuncia: è cosí? 

Prague: Non so, ci può stare sí... L'idea che scegliere voglia dire forse anche privarsi di qualcosa è un concetto che mi affascina. Scelta o privazione? In ogni caso il decidere di muoversi in una direzione comporta di solito dei cambiamenti. I pezzi del disco sono stati composti nel giro di anni... Addirittura Don't come this way risale al mio ultimissimo periodo a Londra. Ti parlo del 2004. E altri son stati fatti poco prima di trasferirmi in Olanda. Quindi sí, ci sono state sicuramente un sacco di rinunce, anche dolorose se vuoi. E la strada che ti si para davanti non è mai chiara, ti ci butti e ci provi. 

Federico: Ti ho conosciuto come Prague, che tendenzialmente è sempre stato un solo-project. Hai anche avuto esperienze in band con più componenti effettivi? 

Prague: Sí, iniziai a suonare nel 1990 se non ricordo male... Da solo in camera quando mi accorsi che con due accordi di chitarra potevi fare già delle cover. Mia madre una volta invitò dei ragazzi che suonavano in chiesa (!!!!!) per farmeli conoscere e magari suonare con loro. Quel giorno scoprii che gli strumenti andavano accordati. Giuro che non lo sapevo. La cosa per fortuna non andò in porto. In ogni modo mio fratello voleva suonare la batteria e cosí mettemmo un annuncio su qualche giornale (forse Rumore) e dopo varie peripezie (all'inizio trovammo un cantante che voleva fare un gruppo tipo HULA, quel tipo faceva quasi paura) trovammo dei ragazzi di Cisterna (era fine 1992 mi pare) con i quali poi finimmo per suonare fino a inizio 1998, quando poi io e mio fratello partimmo per Londra. 
Ufficialmente non ci siamo mai sciolti. Ci chiamavamo Panacca Sonica, un nome un può fuorviante... Si pensava facessimo musica demenziale. Invece più di qualcuno ha scomodato paragoni con gli Archers of Loaf. Vabè. Comunque sí, credo facessimo qualcosa tipo Pavement primissima maniera e Archers of Loaf appunto, ma molto più casinisti e "sloppy". Finimmo per suonare un paio di volte al palchetto di Arezzo Wave e con gli Uzeda a Latina, una serata in cui era presente la mia compagna di oggi e che ci ricorda come “un macello senza capo nè coda”.
Comunque oltre quest'esperienza qui in cui ho suonato prima il basso e poi la chitarra, Prague è stata una vera band per un annetto circa quando ero su a Londra. Eravamo un trio classico, molto elettrico. Per il primo tour in Italia di supporto al disco uscito per Suiteside facemmo solo 8 prove. I risultati furono cosí cosí, ma sticazzi. Probabile che ripeterò l'esperimento del trio anche qui a Rotterdam. 


Federico: Hai vissuto molte esperienze, ci puoi raccontare il concerto dove è filato tutto liscio o hai condiviso il palco con un gruppo di cui sei sempre stato fan? 

Prague: Di concerti in cui è filato tutto liscio... mmm mah, direi sicuramente quasi tutti. Con gli anni ho capito che la dimensione live non mi piace molto a dire il vero. Di solito si suona in locali a cui non frega una mazza a nessuno, me in primis. Spesso capita che non ho voglia di suonare quando dovrei. Metti le due cose assieme e ciao. Chi me lo fa fare? Quindi ho maturato la convinzione di suonare poco e solo in situazioni adatte. Mi ricordo ad esempio belle serate in una libreria a Treviso, al Pirobutirro di Pistoia (con gli amici Morose), a Umbertide (con i ragazzi di To Lose La Track, Dummo e gli attuali Tiger! Shit! Tiger! Tiger!) e ultimamente a Ca' Blasè. Il palco l'ho condiviso spessissimo con bands che mi piacevano (dai La Quiete ai Settlefish per esempio), poche volte con gruppi di cui ero DAVVERO appassionato. Mi vengono in mente i Pinback, mi ha fatto piacere di aver fatto l'ultimo concerto a Londra con loro prima di tornarmene in Italia. La cosa curiosa di quella sera è che suonavano anche i Dudley Corporation (live erano fantastici) con i quali ho fatto anche il primo concerto in terra inglese della mia vita. Quando si dice i cerchi che si chiudono... 

Federico: Eri convinto da subito di uscire con la Eaten by squirrels/Under my bed o hai  cercato anche qualche altra etichetta?

Prague: All'inizio, quindi ­4 anni fa, pensavo di contattare qualche etichetta con la quale sono in contatto e che apprezzo per vedere se era possibile fare qualcosa assieme. Poi però ho pensato che in un certo senso era un affare un po' più "personale"... ragionandoci bene credo che l'autoproduzione ( o la coproduzione con qualcuno che conosco davvero bene e con il quale ho vedute condivise, come appunto l'Under My Bed che conosco personalmente da più di un decennio) sia la dimensione che più si confà al mio modo di essere e di vedere il "fare musica" nel 2015. Ho quarant'anni e so che continuerò sempre a fare dischi, davvero mi frega cazzo di stare lí a dover fare foto promozionali o video oppure tour di 2 settimane per promuovere il disco. E magari scrivere frasi simpatiche (?) su Facebook o roba tipo “bomba”, “bombetta” e “boom” sotto i miei links. Tanto per dire eh... Rispondo a me stesso, se non ho voglia di mandare promo in giro è eventualmente un mio "problema". O semplicemente una mia serena decisione. Mi piace disporre della mia musica in totale autonomia anche se questo può voler dire vendere 20 copie di un CD. Ormai vivi da molto tempo a Rotterdam, hai fatto dei concerti da quelle parti? Come sei stato accolto? Sono due anni e mezzo che sto qui e come Prague non ho ancora suonato. Possibile accada presto, mi sta tornando voglia di fare qualcosa come dicevo in trio o duo. Ho un altro progetto qui con un mio amico (suonava negli Iron Molar di Bologna), Spring Makers (beccati il bandcamp https://springmakers.bandcamp.com/releases) ed è possibile che suoneremo in una delle tante serate strane che fanno in questa città di matti. Mi sembra che la gente ai concerti dove sono stato (principalmente cose piccole) fosse molto rilassata, quasi naif. Il che mi piace, ancora non vedo quella specie di noia se non proprio di boria che normalmente trovavo a Londra. Sarà che Rotterdam è sempre stata la città sfigata se paragonata ad Amsterdam. Però sta cambiando un sacco, già ho sentito parlare di "nuova Berlino" (ma non era Amburgo?) e si cominciano a vedere stramaledette barbe lunghe e curate in alcuni posti.... Brividi. 

Federico: Com'è in generale per un italiano vivere in Olanda? 
Prague: Domanda per certi versi difficile. Dipende dal tipo di italiano. L'italiano medio (te lo dico con cognizione di causa) passa il tempo a lamentarsi del cibo e del tempo e della freddezza degli olandesi. Ma gli italiani questo lo dicono di qualsiasi posto. Peccato per loro che il cibo in verità sia mediamente buono (ovvio che se vuoi mangiare come mangiavi quando stavi in Sicilia... stai nel posto sbagliato) e il tempo è una cosa soggettiva. Per me l'inverno ad esempio non è abbastanza freddo neanche qui. Pensavo questi canali congelassero. Invece per ora ancora non è successo. Per il resto direi che si vive decisamente bene. C'è un welfare che funziona benone (aiuti per redditi fino ai 22mila euro circa su casa e sanità ad esempio) e ci si muove alla grande grazie al trasporto pubblico sia in città che fuori. Il fatto che ci siano un sistema di ciclabili eccezionale con collegamenti extraurbani poi è un fattore decisivo. Non solo per gli amanti della bicicletta. C'è un po' la credenza che gli olandesi vadano in bici perché gli piace e basta. In parte è vero ma ti assicuro che la maggior parte della gente si muove in bici per il semplice motivo che è il modo migliore per muoversi in città. Più veloce e sicuramente più economico. Anche a livello urbanistico le città son fatte in modo per scoraggiare l'uso dell'auto e soprattutto per limitarne la velocità. Col senno di poi, se penso che andavo in bici per Roma mi ritengo fortunato ad essere ancora vivo. L'olanda sembra un paese molto avanti, ma a parte cose grandi tipo The Ex a livello indie non ha mai prodotto moltissimo. 

Federico: Noi siamo miopi da qui, oppure puoi parlarci di qualche gran gruppo lí? 

Prague: Di gruppi olandesi in effetti non me ne vengono in mente molti. Metà anni 90 ascoltavo i Bettie Serveert che credo siano ancora attivi. Poi i John Wayne Shot Me e i Feverdream che erano amici degli italiani Candies. Al momento ci sono molte cose “sperimentali”, per lo meno in zona Rotterdam. Mi vengono in mente gli Sweat Tongue ad esempio. Oppure c'è un giro indie­folk a Utrecht con l'etichetta Snowstar che personalmente non mi fa impazzire ma ha dei gruppi piuttosto conosciuti, tipo I Am Oak o Broeder Dieleman. E comunque qua a Rotterdam c'è anche Majirelle, un altro pezzo di Italia che ho trovato senza saperlo. 
Federico:  Hai vissuto anche a Londra. Ti senti di fare un brevissimo confronto tra la capitale inglese e dove vivi ora? 
Prague: Beh come città Londra è inarrivabile per quanto riguarda la musica. Ma non solo. Rotterdam ha “solo” 600mila abitanti anche se è piuttosto estesa. A livello artistico o musicale si danno molto da fare qui ma noto il gusto e la ricerca di un “alternativo”, mi si passi il termine, un po' troppo piatto... fatto con lo stampino.... che diventa quasi regola. Vai nei posti e son tutti un po' “alternativi­mainstream”, non so se rendo l'idea. Però ci sono degli ottimi negozi di vinile usato, in particolare jazz. 
Federico: Ci sentiamo nell'importante settimana pre derby. Qual'è il giocatore più slow­core del Milan? Un pronostico? Romagnoli vincera' il pallone d'oro? 
Prague: Il giocatore slow­core del Milan è De Sciglio. Mai visto ridere. Sta lí su quella fascia e sembra desiderare essere altrove. Romagnoli è bravo, ma non è detto che migliori come dicono in molti. Il pallone d'oro per ora lo darei a Sabatini per averlo venduto a 25. Per non parlare di un giocatore normalissimo come Bertolacci a 20. Dategli una medaglia almeno. 

Federico: Nella recensione abbiamo tirato fuori il paragone con Songs:Ohia, l'hai mai visto dal vivo, hai qualche punto di contatto con lui? 
Prague: Purtroppo dal vivo non l'ho mai visto. E grazie per il paragone. Jason Molina lo seguo da tantissimo tempo ma solo negli ultimi 7-­8 anni direi che mi ci sono appassionato. L'unico punto di contatto che mi azzardo a citare è la struttura di alcuni brani. 3 accordi lentamente ripetuti con piccoli cambi di melodia vocale. Mi ha sempre sorpreso la sua capacità di fare dei brani cosí belli con solo tre accordi ripetuti dando però anche una certo movimento, una dinamicità interna alla canzone e alla melodia che quasi non ti accorgi che gli accordi siano sempre gli stessi. 

Federico: Per i testi hai provato ha cimentarti con le atmosfere di qualche scrittore che ti piace o prima di tutto lavori sulla musicalità delle parole? 

Prague: Ho sempre lavorato prima sulla musicalità delle parole. Sempre. Per qualche periodo ho preso frasi rimescolate di poesie di Carver, ma non ci ho mai fatto un testo intero. Negli ultimi anni butto giù frasi che mi vengono in mente nei momenti più disparati e poi li adatto al mood del momento e alla melodia che ho già creato con parole finte. I testi non hanno mai un senso compiuto, di solito infatti sono una­due frasi all'interno che hanno un certo significato per me, il resto è contorno. Ma non credo di scrivere testi nonsense.


//// Intervista fra gennaio 2015 e gennaio 2016.
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