Here i stay festival 2007
7-8-9 Settembre 2007 @ Sleepwalkers, S.P. 197 S. Gavino Guspini, km 3, ingr. 10€/1g, 15€/3gg.
Premessa:
l'indie sarda Here I Stay rec è attiva da nemmeno due anni, ma già vanta produzioni eccellenti tra cui June e Golfclvb [sfoglia komakino per recensioni e lodi], - ha fatto le cose in grande, specie con questo festival estivo che sembra non essersi fatto mancare nulla a partire da un bel calendario di Gruppi, dal proprio roster a quello di altri 'best kept secret', come i Comaneci della Disaster by Choice rec. [ndkomakino]
Se vi state chiedendo se l'anno prossimo valga la pena prendere un aereo, una nave, un aliante, un sottomarino o qualsiasi sia il mezzo che preferiate per raggiungere il sud della Sardegna e l'Here I Stay Festival, il festival dell'etichetta sarda nata nel 2006 e con all'attivo ormai cinque produzioni, la risposta è si.
Ne vale veramente la pena.
Perché, questo passato 7-8-9 settembre, per chi c'è stato, per chi si è trascinato da Udine o da Bologna, forse anche in canoa, non sarà cosí semplice da dimenticare. Tre giorni di articolata, organizzatissima pura anarchia, tre giorni della migliore musica indie italiana, tre giorni in cui a mezzogiorno si beveva vodka e cannonau come se la notte non fosse mai finita, guardando il cielo sotto un albero di olivo.
Il venerdí sapeva di pop colto, di quello che ti fa ondeggiare la testa e battere il piedino, di quello che se chiedi l'ennesima sigaretta al tuo vicino, quello non è capace di dirti di no.
Come puoi dire di no mentre suonano i Comaneci? Mentre Trees of Mint (non perdetevi il disco ad ottobre, davvero) canta con dietro le proiezioni di Olak, no, davvero, non si può proprio.
Venerdí sa di cose buone, di Jackeyed, di June, di Velvet Score.
I bresciani Le man avec les lunettes , fanno quel concerto che hai bisogno di sentire, mentre si passano gli strumenti uno con l'altro, mentre sorridono e tu ti trovi a sorridere con loro. Sarà la musica, sarà l alcol? Mah.
E a fine serata i Sunny Day Sets Fire, una cosa meravigliosa, la conferma che fare i miscugli di razze è una cosa sempre positiva. Ragazzi meravigliosi da Londra, dal Canada, da Seneghe (vai a vedere su google maps, vai), da Hong Kong. Quelle canzoni che ho sempre avuto in testa, quelle che non erano mai venute fuori. Un signor concerto, davvero, bene, bravi, bis.
E poi si balla, fino all'alba, forse pure dopo, per scexiare (sardo: farsi passare la sbronza), per parlare in dialetti diversi, finché non si è cosí stanchi da buttarsi in tenda, dormire tre ore e riprendere. Perché nel frattempo è sabato. E non è mica finita qui.
Sabato è rock. Č blues energico. Č elettronica strana.
Sabato sono i Trabant, i Dadamatto che saltano come pazzi in calzini e chiamano sul palco un grosso omone a suonare il kazoo. Sabato sono gli Iran Iran (ex September 10th!), con le magliette con le lettere, che suonano come quei cd postpunk-newwave che mi sono scaric.. ehm.. comprata ultimamente. Forse pure meglio.
Sabato è Vanvera, la voce profonda, quella che arriva forte in mezzo al petto, quella che pensi ai libri di Bukowski. Sabato sono i Golfclvb, che ti danno il colpo finale, perché, questi quattro sardi, fanno muovere chiunque e te li dovresti portar dietro ogni volta che hai bisogno di quel concerto che ti lasci distrutto, sudato, stanchissimo, soddisfatto.
Se poi aggiungi Postal_M@rket, con un pila in bocca che pesta su quei GameBoy, che crea suoni che avrei pensato di veder ballare solo ai cybernauti di Tron, ti ritrovi, sabato, ad aver bevuto una roba tipo dieci vodka redbull, non sentirti più le gambe ma voler continuare ancora.
Cosí fino alle 7 del mattino, a ballare garage rock (siamo sempre in Sardegna, no?) con i personaggi più improbabili, con fanatici del separatismo isolano, con orientali dai modi affabili, con diabolici individui dai capelli rossi, con strafighe che non incontri in discoteca vestite di bianco e coi tacchi.
E per fortuna arriva domenica.
Domenica che è sperimentazione e gran classe. Domenica dei Plasma Expander, noise e sperimentazione energica e elegante, dei Tanake, del grandissimo Mr Damo Suzuki dei CAN, che si fa un'ora e mezzo di concerto col microfono tutto infilato in bocca, mentre canta in una strana mescolanza di inglese, giapponese, tedesco, marziano, forse. Domenica puoi girare per il festival, mentre sorseggi vino, e ammirare le opere degli artisti, nascoste in una casetta eccentrica in mezzo al bosco, ti guardi i quadri di G. Marceddu, le buste del pane evidenziate di Neeva.
Poi arrivano i Dejligt, grandiosi, quelli che non ti aspetti, musica semplice, alla fine, ma totalmente stravolta. Come se tutti (e tutto), domenica, non fossero già stati abbastanza stravolti.
E questo è stato l'Here I Stay Festival, estremamente compresso, con omissioni volute, perché, c'è poco da dire, questa è un'esperienza che va vissuta e l'anno prossimo mi auguro di trovare qualcun'altro, che è venuto con qualsiasi mezzo. Valgono anche i pattini. A quel punto prometto che gli offro una birra, anche due, se coi pattini ci ha attraversato il Tirreno.
› photo report @ here i stay rec, - quelle qui incluse - salvo quella ai Golfclvb - sono by svanuela.
Se vi state chiedendo se l'anno prossimo valga la pena prendere un aereo, una nave, un aliante, un sottomarino o qualsiasi sia il mezzo che preferiate per raggiungere il sud della Sardegna e l'Here I Stay Festival, il festival dell'etichetta sarda nata nel 2006 e con all'attivo ormai cinque produzioni, la risposta è si.
Ne vale veramente la pena.
Perché, questo passato 7-8-9 settembre, per chi c'è stato, per chi si è trascinato da Udine o da Bologna, forse anche in canoa, non sarà cosí semplice da dimenticare. Tre giorni di articolata, organizzatissima pura anarchia, tre giorni della migliore musica indie italiana, tre giorni in cui a mezzogiorno si beveva vodka e cannonau come se la notte non fosse mai finita, guardando il cielo sotto un albero di olivo.
Il venerdí sapeva di pop colto, di quello che ti fa ondeggiare la testa e battere il piedino, di quello che se chiedi l'ennesima sigaretta al tuo vicino, quello non è capace di dirti di no.
Come puoi dire di no mentre suonano i Comaneci? Mentre Trees of Mint (non perdetevi il disco ad ottobre, davvero) canta con dietro le proiezioni di Olak, no, davvero, non si può proprio.
Venerdí sa di cose buone, di Jackeyed, di June, di Velvet Score.
I bresciani Le man avec les lunettes , fanno quel concerto che hai bisogno di sentire, mentre si passano gli strumenti uno con l'altro, mentre sorridono e tu ti trovi a sorridere con loro. Sarà la musica, sarà l alcol? Mah.
E a fine serata i Sunny Day Sets Fire, una cosa meravigliosa, la conferma che fare i miscugli di razze è una cosa sempre positiva. Ragazzi meravigliosi da Londra, dal Canada, da Seneghe (vai a vedere su google maps, vai), da Hong Kong. Quelle canzoni che ho sempre avuto in testa, quelle che non erano mai venute fuori. Un signor concerto, davvero, bene, bravi, bis.
E poi si balla, fino all'alba, forse pure dopo, per scexiare (sardo: farsi passare la sbronza), per parlare in dialetti diversi, finché non si è cosí stanchi da buttarsi in tenda, dormire tre ore e riprendere. Perché nel frattempo è sabato. E non è mica finita qui.
Sabato è rock. Č blues energico. Č elettronica strana.
Sabato sono i Trabant, i Dadamatto che saltano come pazzi in calzini e chiamano sul palco un grosso omone a suonare il kazoo. Sabato sono gli Iran Iran (ex September 10th!), con le magliette con le lettere, che suonano come quei cd postpunk-newwave che mi sono scaric.. ehm.. comprata ultimamente. Forse pure meglio.
Sabato è Vanvera, la voce profonda, quella che arriva forte in mezzo al petto, quella che pensi ai libri di Bukowski. Sabato sono i Golfclvb, che ti danno il colpo finale, perché, questi quattro sardi, fanno muovere chiunque e te li dovresti portar dietro ogni volta che hai bisogno di quel concerto che ti lasci distrutto, sudato, stanchissimo, soddisfatto.
Se poi aggiungi Postal_M@rket, con un pila in bocca che pesta su quei GameBoy, che crea suoni che avrei pensato di veder ballare solo ai cybernauti di Tron, ti ritrovi, sabato, ad aver bevuto una roba tipo dieci vodka redbull, non sentirti più le gambe ma voler continuare ancora.
Cosí fino alle 7 del mattino, a ballare garage rock (siamo sempre in Sardegna, no?) con i personaggi più improbabili, con fanatici del separatismo isolano, con orientali dai modi affabili, con diabolici individui dai capelli rossi, con strafighe che non incontri in discoteca vestite di bianco e coi tacchi.
E per fortuna arriva domenica.
Domenica che è sperimentazione e gran classe. Domenica dei Plasma Expander, noise e sperimentazione energica e elegante, dei Tanake, del grandissimo Mr Damo Suzuki dei CAN, che si fa un'ora e mezzo di concerto col microfono tutto infilato in bocca, mentre canta in una strana mescolanza di inglese, giapponese, tedesco, marziano, forse. Domenica puoi girare per il festival, mentre sorseggi vino, e ammirare le opere degli artisti, nascoste in una casetta eccentrica in mezzo al bosco, ti guardi i quadri di G. Marceddu, le buste del pane evidenziate di Neeva.
Poi arrivano i Dejligt, grandiosi, quelli che non ti aspetti, musica semplice, alla fine, ma totalmente stravolta. Come se tutti (e tutto), domenica, non fossero già stati abbastanza stravolti.
E questo è stato l'Here I Stay Festival, estremamente compresso, con omissioni volute, perché, c'è poco da dire, questa è un'esperienza che va vissuta e l'anno prossimo mi auguro di trovare qualcun'altro, che è venuto con qualsiasi mezzo. Valgono anche i pattini. A quel punto prometto che gli offro una birra, anche due, se coi pattini ci ha attraversato il Tirreno.
› photo report @ here i stay rec, - quelle qui incluse - salvo quella ai Golfclvb - sono by svanuela.
Feedback:
massi & robi writes:
ci hai fatto venire gli occhi lucidi.... un bacio
(22/09/2007 19:38:00 - ip: 62.10....)
ci hai fatto venire gli occhi lucidi.... un bacio
(22/09/2007 19:38:00 - ip: 62.10....)
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